Lettera di compleanno – Zeno 12

A 30 giorni dal tuo compleanno, dopo averlo scritta, cancellata riscritta. >Ricomincio da capo.

Seleziona tutto, cancella e riparti.

Partito, sei tu. Con la nonna. Dopo mesi di simbiosi di cui avevo bisogno io. Non tu. Ma io sì. Per riprendermi dalla notte in cui ho avuto così paura, da accasciarmi in un angolo dell’ospedale e non avere la più pallida idea di come fare a respirare. A non morire. Sono viva solo perché tuo padre era lì. Senza sapere se scrivertelo o no quello che è successo davvero. Lo dico in un fiato solo e poi avanti: è successo che i medici si sono sbagliati, e tu sei vivo per caso o per fortuna, o per come la vedo io, perché qualcuno là sù ci vuole bene.

Sei in vacanza con la nonna tuo fratello e tuo cugino. Libera uscita di una settimana. Io respiro.

La notte alle 2.30 mi sveglio ancora, per un istante, sempre meno cosciente. Era l’orario notturno delle flebo. Controllavo che non si sbagliassero ancora e segnavo nomi delle etichette. Adesso apro solo un occhio. Controllo di essere nel letto a casa e piombo di nuovo nel sonno.

Hai imparato quest’anno a dire no, lo dici in continuazione. E io al contrario, a dire solo sì. Due novità che non fanno bene al nostro già labile rapporto. Sempre più lontano. Mi parli di cose che non capisco e non ascolto. Cerco, per quel che ne posso capire, di essere tua madre. Non una confidente, non un’amica. Una specie di monolite immobile a cui appoggiarti. Su cui sederti quando sei stanco e confuso. Ma senza troppe parole. Le parole dei genitori sono quasi sempre inutili, e confondono.

Doveva essere l’anno della crescita, del cambio di passo. E’ stato un anno di regressione. Doveva essere l’anno delle prime di libertà, ti ho soffocato come neanche a 5 di anni. E’ stato un anno così…

La notte è ancora difficile, per te va meglio, lo vedo e me lo hai detto. Ma la luce la lasciamo accesa comunque. Ci vuole tempo, mi dicono, a dimenticare i suoni delle macchine da ospedale. Li senti ancora? Stai dimenticando? Non ho il coraggio di chiedertelo.

Lo so perché ho riscritto questa lettera mille volte. Perché solo di questo dovevo scrivere e solo di questo non voglio parlare più. Pochi giorni fa qualcuno mi ha dato una nuova prospettiva: E’ importante che tu fossi in un paese dove hanno potuto rimediare all’errore.

Ho pianto quando hai soffiato le candeline quest’anno. Non perché fossi un anno più grande. Ma perché eri lì, a soffiarle. Settembre: si ricomincia.

Hai chiesto di andare a fare skate l’altro ieri, avevo da fare e di base non mi andava di portarti. E’ arrivato il momento che io torni a dire NO e tu, speriamo, qualche Sì.

Tanti Auguri Zeno!

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