L’Italia è morta, senza neanche un funerale.

Malata, da quando ne ho adulta memoria questa bella penisola, ormai neanche più tanto bella, in pochi mesi è morta definitivamente. Nel silenzio del suo popolo analfabeta e della peggior classe politica esistente tra le democrazie occidentali. Morta definitivamente di inerzia, vecchiaia e Cancro.

I medici (imprenditori), e gli infermieri (lavoratori) hanno fatto il possibile per salvarla, ma a nulla è valso il loro sforzo davanti alla completa incapacità di arginare un tumore con metastasi ormai espanse a tutti gli apparti e organi.

Partiamo dal cervello- governo, che da anni ormai è in totale assenza di sinapsi buone che siano capaci di fare il loro lavoro e popolato altresì da cellule malate, malsane, egoriferite, impreparate a trovare di comune accordo una linea guida per la comunicazione agli altri organi.

Passiamo poi per il sangue infetto che circola gonfio di droghe quali curruzione, burocrazia, miopia; sangue che ha finito di infettare, con la sua boria, con la sua incuria, con la sua mancanza di umiltà, preparazione, dignità anche tutte le parti del corpo d’Italia.

Finiamo quindi con una semplice frase: in Italia non funziona niente. Ma proprio niente.

Lo stato non c’è e quando c’è, meglio averne paura. La cultura è morta, anche quella, dimenticata, perché ormai vecchia. Ignorata, l’italica cultura, da tutti i paesi del mondo.

Le donne in Italia vengono uccise – quasi sempre in famiglia – come fossero carne da macello. Umiliate quando vanno al lavoro dove spesso vengono molestate, e se non vengono molestate vengono pagate comunque meno. Non hanno quasi mai accesso ai piani alti, e se arrivano ai piani alti non hanno potere decisionale, e se riescono per miracolo a prendere decisioni, poi non vengono ascoltate.

I bambini sono poi l’ultima ruota del carro. Non hanno una scuola dignitosa, non hanno insegnati qualificati, per loro non viene speso neanche un terzo di quello che spendono gli altri Paesi occidentali. Così si ritrovano, i bambini, senza una scuola decente, senza uno stato che li tuteli, con le mamme a casa come 100 anni fa e non istruiti.

Guardano una televisione dove le femmine sono cose, così le bambine desiderano diventare culo e tette, e i maschi sposare un culo e delle tette, possibilmente entrambe, ma va bene anche una delle due cose.

E’ morta l’Italia anche oggi: la scuola non partirà in anticipo come era doveroso fare e avrà i fondi sì aggiuntivi ma mai quanto quelli destinati invece a salvare ancora una volta Alitalia. È di questi giorni anche lo scandalo nella magistratura con poche compite parole del presidente Mattarella che povero, ma che deve dire ormai. Salta anche il taglio dei vitalizzi, sempre notizia di oggi.

E’ morta l’Italia per sempre, e noi con lei, babbei ancorati dietro una quotidianità perduta, senza il coraggio di imbracciare non dico un fucile, ma neanche un cartellone. Non c’è neanche da piangerla l’Italia morta, che poi, ma quando mai è stato un paese per bene? Mai, solo che prima, non usava dirlo.

Diceva il bisnonno: non farti, mia cara, soverchie illusioni.

Lo diceva bello, ma il succo quello è. Non ci sarà rinascita, perché l’Italia e noi italiani, siamo feccia. Speriamo i miei figli scappino al più presto.

Breve storia triste dell’Italia

 

Domenica rientravo felicemente in Italia da un week end con Lui, l’umore era ottimo così come la mia predisposizione positiva per il prossimo (evento più unico che raro).

Ed ecco in breve cosa è successo in sole 4 ore:

Arrivo all’areporto in perfetto orario e l’unico volo in ritardo , su una cinquantina segnati e una ventinaina di compagnie aeree era il mio ALITALIA. Come ti sbagli. In fondo quando eropiccola mio padre mi interrogava, come fossero tabelline, sui buffi significati delle compagnie aeree (8/9 anni):

  • Scandinavian airlines – such a bed experience never again
  • Tap – Take a Parachute
  • Quantas -Quick And Nasty Terrible Australian Service
  • China Airlines  – Choose Another

 

ALITALIA – Always Late In Takeoff Always Late In Arrival 

Il ritardo con il passare dei minuti aumenta esponelzialmente, della serie, come sempre ci prendono per il culo dichiarando metà del reale ritardo.

Quando finalmente inizia l’imbarco, le hostess Alitalia imbarcano contemporaneamente i passeggeri business class e economy class che erano (strano) ordinatamente separati in file distinte. Conseguenza la naturale incazzatura di chi ha pagato praticamante il doppio il biglietto per essere trattato un pò meglio.

Una volta a bordo hostess e stuard si sono ben guardati dal facilitare le operazioni di imbarco, che ne so aiutando passeggeri anziani o famiglie con bambini e nella migliore della tradizioni si sono limitati a guardarsi le unghie intralciando il corridoio centrale ciancicando un incomprensibile “buonasera” rigorosamente in italiano.

Iniziano i soliti annunci di sicurezza e nessuno osa per nessun motivo scusarsi per il ritardo, passano parecchi altri minuti e altri intoppi ritardano il volo, ancora nessuna scusa. Ci penserà il capitano, velocemente, 30 secondi prima del decollo a pronunciare la fatidica parola con un classico “ci scusiamo per il ritardo dovuto all’arrivo non in orario del areomobile dal precedente volo” (prendersi la colpa mai).

Nel frattempo frotte di famiglie con bambini urlanti se ne sbattono altamente dei decibel prodotti dalla loro prole, non un shhhh esce dalla loro bocca… non uno scusate ai passeggeri infastiditi per i calci sul sedile. Bambini autorizzati a fare quel che vogliono che saranno i futuri adutli piloti e hostess e stuart che se ne sbattono di chiedere scusa per il ritardo del volo che pilotano.

Atterriamo a Roma e ho un barlume di speranza, ci danno un finger, sono seduta abbastanza avanti da uscire velocemente, ma vengo travolta fisicamente ed emotivamente da una coppia di fidanzati che da metà aereo calpestano tutti i passeggeri prima di solo per infilarsi per primi davanti alla posrta ancora chiusa dell’aereo e scendere per primi.

Siamo fuori in fila per i taxi una povera malcapitata cerca un taxi che possa pagare con carta di credito, ci metterà almeno 15 minuti.

Salgo sulla solita maledetta Multipla FIAT ennesimo esempio della Italia triste… Non chiedo pagamento con la carta perché potrei aspettare anche io altri 20 minuti per trovare qualcuno che lo voglia fare (non è che non ce l’hanno, è che non lo vogliono usare).

Il tassista parte, dopo 300 metri mi accorgo che non ha accesso il tassametro, in romano e con fare scocciato gli chiedo se per caso hanno attivato una nuova tariffa fissa per casa mia (no non esiste e lo so e la domanda era retorica in modo che accendesse il tassamentro). Mi risposnde scocciato che no, ma “quanto voi che paga le di solito…48 euro 50?” e si limita a proseguire la corsa… e io a segnare la sigla del taxi per segnalare la corsa in nero.

Ed è in quel preciso momento che ho pensato e da tempo penso che no, l’Italia è un paese che non ce la può fare e non ce la farà mai.

E quel breve periodo di Italia felice e dolce vita e benessere e felicità che ci raccontano nei libri di storia o le generazioni precedenti, quel periodo lì, è stata solo una gran botta di culo (senza alcun merito per chi l’ha vissuto).

Una botta di culo che non tornerà mai più.

 

Tema : la maleducazione , origini, cause e conseguenze

Maleducazione: modo di comportarsi, azioni, atti, non adeguati alle regole del buon comportamento, del rispetto degli altri e della civile convivenza nella società.

Etimologia/Derivazione – composto dai termini male ed educazione

Sinonimi – scortesia, sgarbataggine, insolenza, villania, arroganza, sfrontatezza, impertinenza, volgarità, cafonaggine, inciviltà, inurbanità.

Contrari – nessun contrario riscontrato nella penisola italica.

———————–

L’origine di una così eclatante perdita di educazione è di certo da riscontrarsi non tanto nel sistema paese quanto nella totale perdita di autorità della figura dell’insegnate all’interno della società Italia.

Vietando l’uso della disciplina, dell’ordine e della coercizione, e sperando nel buon senso dell’essere umano, (buonsenso che non esiste se non nella forma più basica ovvero il fortuito incontro tra una buona azione e il proprio singolo tornaconto personale) la società italiana ha di fatto incentivato senza mezze misure il dilagare del lassismo della scappatoia del “fuori dagli schemi” come risorsa e non come menzogna.

Così generazione dopo generazione l’uomo è tornato allo stato primordiale e basico di orribile mammifero dotato di grandi intelletti e aguzzo ingegno volto solo ed unicamente al compimento del male altrui in favore del proprio. Un basico Mors Tua Vita Mea.

La maleducazione, cattiva educazione, assenza totale di un essere più altamente elevato di te che ti indichi la strada non produce solo quotidianamente notizie cliccabili, non è solo Mafia capitale, Tangenti in Rai, Sistema Paese corrotto.

La maleducazione produce gente che butta la sigaretta per terra con il gomito appoggiato a un posacenere; gente che compra un cane e si rifiuta, anche se sollecitata, di raccattare quello che per legge dovrebbe raccattare e poi impreca perché pesta merda sul marciapiede.

La maleducazione produce tizi geniali “fuori dagli schemi” che si permettono di trattare il prossimo come un emerito coglione, con parole di scherno, nascondendosi dietro al dito dei “diversi”degli artisti e di non levarsi il cappello a una riunione di lavoro perché “ipsterdelcaaa”.

La maleducazione produce amministratori delegati e responsabili marketing di società leader che fatturano milioni di euro all’anno i quali, in virtù della loro posizione (non conquistata da loro ma da educate persone che li hanno preceduti e che hanno lavorato 24 ore al giorno), pensano di avere diritto di non rispondere alle mail di lavoro, per il gusto di confermare o non confermare appuntamenti importanti anche all’ultimo minuto. Con la presunzione che si facciano 500 km così, perché loro sono gli AD.

La maleducazione signori e signore è l’unico vero insindacabile collante della  #GTC  (generazione teste di cazzo) ai vertici  politi e non della penisola.

AMEN

Nessuno tocchi la Signora Maestra

Nano 1 va alla scuola pubblica sotto casa, come il 99% dei bambini italiani.

C’è da dire che Nano 1 causa ricorrenti malanni è andato a scuola per un totale di 3 mesi su 9. Oggi sono andata a vedere la sua recita. Tema della recita l’Italia.

Oggi che i giornali erano pieni zeppi di, migranti sì migranti no, violenza a Milano, violenza a casa, disoccupazione, gente che “la fa in strada”, degrado, orrore, violenza, ennesimi scandali e Ladri, ladri ovunque, Ladri che sembra non finire più. Ladri che chiunque ormai vorrebbe imbracciare un mitra.

E oggi erano lì con le magliette Verdi Bianche e Rosse (c’è andata la maestra a comprarle) e i tamburelli. Bambini di 3, 4 anni che parlavano di mari e montagne, di bellezze culturali e di vulcani, del Colosseo, bambini che inscenavano un siparietto tra un turista inglese e un romano doc. Bambini che hanno recitato e spiegato i fondamentali della costituzione, che hanno cantato l’importanza dell’appartenenza alla bandiera. L’importanza e il valore della libertà , dell’ordine, dell’onestà. Continua a leggere “Nessuno tocchi la Signora Maestra”

Caro Presidente Napolitano

Caro Presidente Napolitano,
Le scrivo dopo aver ascoltato (2 volte) il suo discorso e averne volutamente osservato contenuti, reazioni e sotto significati.
Le scrivo, con tutta onestà dicendole come prima cosa che anche io, come Lei credo, mi auspicavo una sua NON rielezione, che si è resa necessaria purtroppo a causa, ancora una volta, di questa sciagurata classe politica che aimè rappresenta, a mio avviso, lo spaccato perfetto del paese.
Una classe politica che credo, e lo dico con profondo rammarico, abbia avuto non poche difficoltà a capirla, nel senso letterale della parola.

Caro Presidente, il suo discorso, può annoverarsi tra uno dei più bei discorsi politici che io abbia mai ascoltato, e mi sono stupida della complessità dialettica e sintattica usata, che sì imponeva certamente la situazione e il luogo, ma che ormai pare sepolta sotto cumuli e cumuli di linguaggio corrente e totale assenza di sentimenti quali dignità, senso del dovere, orgoglio, e rispetto che lei invece così bene impersonifica.



Ho assistito inerme e con profonda commozione alle “crepe immaginarie” che causavano lo sgretolarsi delle mura di Montecitorio, ad ogni suo poderoso passaggio, a significare come Lei e il resto dei presenti foste su mondi opposti.


Come lei stesso ha dichiarato infatti il suo intento è  “mosso da un senso antico e radicato di identificazione con le sorti del paese “ ed è già qui che lo scollamento tra lei e tutti i presenti è iniziato con una leggera crepa verticale. Le sorti del paese…la sorte, il destino, la meta finale dell’Italia intera, che nessuno vede e prevede e sicuramente che nessuno dei presenti al suo discorso ha a cuore.

Proseguendo ha tenuto a precisare come… “quanto è accaduto qui nei giorni scorsi ha rappresentato il punto di arrivo di una lunga serie di omissioni e di guasti, di chiusure e di irresponsabilità. Ne propongo una rapida sintesi, una sommaria rassegna. Negli ultimi anni, a esigenze fondate e domande pressanti di riforma delle istituzioni e di rinnovamento della politica e dei partiti – che si sono intrecciate con un’acuta crisi finanziaria, con una pesante recessione, con un crescente malessere sociale – non si sono date soluzioni soddisfacenti : hanno finito per prevalere contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi.
Inutile che mi soffermi sull’inadeguatezza degli applausi (da lei per altro “rimproverati” in seguito) di un’intera classe dirigente che nella testa volto e sorriso o, peggio ancora ghigno, accusava il vicino e dimenticava se stessa. 
Caro Presidente è proprio in quel momento che nella mia mente gli scranni dell’aula hanno preso fuoco e le lacrime di rabbia e orrore hanno iniziato a scendere.
Mentre lei con grande caparbietà rimproverava tutti, quei tutti ignari del suo talento dialettico e incapaci di capirla (perché senza capacità, senza talento, senza coscienza, senza amore alcuno)  si lavavano la coscienza, scaricavano il barile- mi perdoni l’espressione – sul vicino di banco.

Proseguiva il suo discorso con parole quali “imperdonabile, sordità” ed ogni passaggio, duro e incofutabilmente chiarissimo, veniva stravolto, e vanificato dai continui batter di mani e da cenni di assenso e conferma di tutti, all’unisono.
Così come il figlio “sordo” delle direttive paterne, annuisce per obbligo, nella speranza che la ramanzina finisca presto.
Ancora crepe sui muri dell’aula nella mia mente, con la visione di un soffitto sempre più basso e instabile.

“E’ la questione della prospettiva di futuro per un’intera generazione, è la questione di un’effettiva e piena valorizzazione delle risorse e delle energie femminili. Non possiamo restare indifferenti dinanzi a costruttori di impresa e lavoratori che giungono a gesti disperati, a giovani che si perdono, a donne che vivono come inaccettabile la loro emarginazione o subalternità.”
La prospettiva di futuro, ormai infranta devo aggiungere, di una intera generazione, la mia, che va avanti, precariamente, e crea famiglie, senza futuro, ma con un solo scopo:
la felicità presente e il vivere nell’oggi.
Mentre Lei parlava, e Loro applaudivano, e mentre due decenni come Lei ricordava sono passati senza un nulla di fatto, una sola e unica verità è rimasta: la parola Domani è scomparsa dal vocabolario di chi come me oggi ha 30 anni.
Ancora una crepa nella mia mente sulla parete di destra.


E poi ancora ” Apprezzo l’impegno con cui il movimento largamente premiato dal corpo elettorale come nuovo attore politico-parlamentare ha mostrato di volersi impegnare alla Camera e al Senato, guadagnandovi il peso e l’influenza che gli spetta : quella è la strada di una feconda, anche se aspra, dialettica democratica e non quella, avventurosa e deviante, della contrapposizione tra piazza e Parlamento.”
Ed è sull’ultimo passaggio che l’aula è esplosa, addirittura in piedi, fatta eccezione per i redarguiti, interprentando a suo unico vantaggio questa raccomandazione, felice di poter ribadire chi è un parvenu e chi invece è lì da sempre, da troppo vorrei aggiungere.
Eccoli, mentre lei prosegue, scambiarsi tra di loro sguardi di intesa.
Monelli tra monelli, bambini tra bambini, imbecilli tra imbecilli: “hai visto? li ha sgridati. Così si imparano a voler giocare a nascondino con noi e a voler cambiare le nostre regole”
Che rabbia presidente, che oddio, che prurito alle mani.
Quel prurito che si tramutava in sonoro e sacrosanto ceffone fino a qualche decennio fa e che io, forse complice una famiglia di stampo antico, ho conosciuto molto bene.

Sulla base dei risultati elettorali – di cui non si può non prendere atto, piacciano oppur no – non c’è partito o coalizione (omogenea o presunta tale) che abbia chiesto voti per governare e ne abbia avuti a sufficienza per poterlo fare con le sole sue forze. Qualunque prospettiva si sia presentata agli elettori, o qualunque patto – se si preferisce questa espressione – si sia stretto con i propri elettori, non si possono non fare i conti con i risultati complessivi delle elezioni. Essi indicano tassativamente la necessità di intese tra forze diverse per far nascere e per far vivere un governo oggi in Italia, non trascurando, su un altro piano, la esigenza di intese più ampie, e cioè anche tra maggioranza e opposizione, per dare soluzioni condivise a problemi di comune responsabilità istituzionale.”
Il silenzio, il gelo, a questo passaggio così difficile per quelle teste così concentrate su se stesse e sul mantenimento dello status quo. O anche per una lettura più profonda, l’impossibilità di andar oltre il proprio tornaconto, la propria visione, per dar vita a “intese più ampie” che esulino da meri interessi singoli. L’inadeguatezza totale, per una totale mancanza di visione, per una assenza ingiustificata di vocabolario, dove le parole responsabilità e istituzionale non trovano in nessun modo una forma di appartenenza comune ne di vicinanza.

Ancora crepe nella mia mente.

E poi i passaggi finali “Il fatto che in Italia si sia diffusa una sorta di orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni, convergenze tra forze politiche diverse, è segno di una regressione…auspicando che fosse finalmente vicino “il tempo della maturità per la democrazia dell’alternanza” e qui, l’equivoco evidente nella mente dei presenti che li ha visti sorridere, annuire, farsi l’occhiolino, quasi a voler istituzionalizzare quello che nel resto d’Europa ha un così diverso significato.
La parola intesa, alleanza e convergenza hanno assunto nella lingua italiana ormai un’accezione unicamente e senza ombra di dubbio, negativa.
Perché l’esperienza, la storia, i fatti, la realtà ci insegnano che l’intesa italiana, l’alleanza italiana, e la convergenza italiana esplodono e si concretizzano, solo e unicamente quando la frase si chiude con l’aggettivo sottinteso PERSONALE. 
E’ la persona che esprime la parola o le parole stesse che ne trarrà vantaggio, ne uno in più, ne uno in meno.
Ecco perché caro Presidente, l’applauso era così fragoroso. Perché l’interpretazione era personale, personalistica, egoistica o se preferisce, disgustosamente BASTARDA.

E qui la mia testa e i miei occhi hanno visualizzato la scena finale, l’Apocalisse. 
Il fragore inconfondibile del cedimento del legno, il soffitto dell’aula che inizia a perdere pezzi e alla fine al suono di Viva il Parlamento! Viva la Repubblica! Viva l’Italia!” il boato finale e il crollo definitivo di Montecitorio, imploso, su se stesso, sotto il bombardamento di parole scomparse, di sentimenti inesistenti, di capacità perdute.

Caro Presidente Napolitano, non si preoccupi, nella mia visione ad occhi aperti lei non è morto in quell’aula, ma la distanza (non solo anagrafica come da lei citata) tra le sue parole e il loro vero, reale, unico, significato, sì.
Le sue parole, il suo discorso, è morto, come muore la ramanzina di padre per il figlio che ha preso 4 a scuola.
Solo che questa volta il voto era 0 spaccato e che l’unica possibile sorte (destino e destinazione finale del paese) è la bocciatura.

Caro Presidente Napolitano, le faccio i miei più sentiti auguri per questo nuovo incarico, la ringrazio in ogni caso per le bellissime parole pronunciate ieri, che sono sicura gli italiani fatta eccezione per i presenti in aula, hanno capito e apprezzato. E concludo dicendole che spero con tutte le miei forze che questa mia visione, e questa mia previsione si rivelino del tutto sbagliate e infondate. E che chi vede il bicchiere mezzo pieno possa dirmi presto con aria di rivalsa: “vedi? te l’avevo detto io”.
Ancora auguri Presidente.

Lettera aperta al Cliente

Caro Cliente,
sono da qualche giorno rientrata in ufficio e noto con rammarico che nulla durante la mia assenza è cambiato. Lo so, sarebbe stato utopico, ma di stelle cadenti la notte di San Lorenzo ne ho viste tante e questo era uno dei miei desideri.
Caro Cliente ti scrivo per dirti che ormai non ti capisco proprio più.
Quando ci siamo conosciuti erano altri tempi, il mondo girava in modo diverso, e sì, c’era molto più fiducia nel futuro.
E’ vero quelli erano altri tempi, ma era 8/9 anni fa, non 20.
Lo so un sacco ti persone ti hanno preso in giro, ti hanno chiesto molti più soldi del necessario per fare il tuo spot, il tuo annuncio, il tuo piano media.
E’ vero avevi tanti soldi e quindi non dovevi stare così attento.
E’ solo che vorrei tanto dirti che stai sbagliando molto di più ora di quando spendevi troppo.
Non perché spendi poco, ma perché spendi male, malissimo.

Lo sappiamo tutti e due come vanno le cose.
Lo so che sei costretto a sottostare a direttive europee, lo so.
Ma ti giuro, in buona fede, ti stai scavando la fossa da solo.
Stai pagando la tua famosissima agenzia creativa il meno possibile, e siccome la paghi poco, lei mente, spudoratamente, sulle risorse che ti ha messo a disposizione.
Non c’è nessuna coppia creativa senior dedicata, non c’è nessun account dedicato, ne una squadra di persone che pensa per te.
Ci sono ragazzi in stage, sottopagati, che per stare dietro ai mille clienti che hanno, scopiazzano a destra e sinistra.
E peggio ancora, per stare nei tempi sempre più stretti che imponi, ti rifilino presentazioni e proposte fatte da altri, potrei quasi dire che ci cambiano solo il logo.
Caro cliente, il tuo centro media non è da meno. In un mondo che evolve, che cambia, la tua pianificazione è sempre la stessa.
E tu puoi tagliare dove vuoi, puoi cambiare il formato che vuoi, ma lì dall’altra parte del telefono, c’è una persone stanca e annoiata che ripete sistematicamente lo stesso lavoro.
Lo so, sono accordi internazionali, e quelli devi rispettare.
Ma sei proprio sicuro che non ci sia alternativa?
Perché davvero, te lo posso garantire, sparsi e ormai mimetizzati dalla mediocrità ci sono persone incredibili. Che hanno fatto la storia del nostro mestiere. Persone che ormai si nascondono per paura di essere scoperti.
Nessuno vuole far sapere di essere capace, di avere delle idee brillanti, di saper fare ancora questo lavoro. Nascosti e mimetizzati sotto le vesti di sforna layout, sforna testi, neanche fossero pizzerie al taglio, ci sono uomini e donne, che un tempo facevano con il sorriso tardi in ufficio.
E ci sono giovani e giovanissimi brillanti, che avrebbero bisogno solo che qualcuno gli insegni, che li aiuti a sviluppare quelle incredibili idee hanno, per essere in nuovi talenti del domani.

Nascosti, dicevo, ci sono uomini e donne che sapevano fare questo lavoro.
A volte la riuscita era brillante, a volte solo buona, ma in ogni caso c’era la passione, la felicità, la consapevolezza di avere un lavoro “privilegiato”.

Caro cliente, queste persone ci sono ancora, si nascondono, ma ci sono ancora.
Sono persone che adesso quando si incontrano parlano di famiglia, di vacanze, per non parlare della mediocrità che li circonda.

Eppure caro cliente, siamo Italiani porca miseria.
Siamo un popolo che di creatività, di inventiva, ne ha più di chiunque altro.
Siamo un popolo che anche solo per la sopravvivenza quotidiana fa meravigliosi e mirabolanti miracoli creativi.

E allora, davvero pensi di non volerci dare più la possibilità di stupirti?
Di divertirti?
Di lavorare sodo e con passione?
Davvero pensi che un nome, per quanto altisonante valga tutto questo piattume?

Caro cliente, ci sono fotografi, copy, art, planner, web designer, programmatori, ci sono pensatori, ci sono – scusa il termine – dei cazzeggiatori bravissimi, che si incontrano lontano dai luoghi grigi in cui sono stati costretti a rintanarsi e rifugiarsi per andare avanti, e tutte queste persone al bar, fanno scintille.

Tu non li vedi, perché li hai sparpagliati in giro, perché li hai separati.
Perché senza volerlo, gli hai tarpato le ali.

Hai tolto soldi, a loro, e a te stesso. Non solo, gli hai fornito interlocutori mediocri, poco preparati, spesso saccenti, intenti a coltivare il proprio orticello e mantenere il loro piccolo piccolo potere.
E loro se ne sono andati, si sono separati e sparpagliati per nascondersi nel mucchio, per non venire umiliati ancora.

Caro cliente, se esisti ancora, se credi ancora che una cosa fatta bene sia migliore di 3 fatte mediocremente, ti dò il numero di tutte queste persone. Mettile insieme, ancora una volta.
Pagale il giusto, per una volta.
Avrai tutto da loro: professionalità, educazione. Vedrai incredibilmente persone che non sbagliano congiuntivi, che non si perdono in questioni futili. Avrai il meglio. E sono certa che tutto questo ti tornerà indietro.

Caro Cliente, lo so che è un periodo orribile, ma se ti circondi di persone inutili, lo sarà ancora di più.
Caro Cliente, se esisti ancora, mettile alla prova queste persone, una volta sola, e sono sicura che vedrai ciò che io con commozione ogni tanto vedo in quel famoso bar dove si incontrano. Intelligenza, spirito di innovazione, e volte perché no, genialità.

Con affetto
V.

Notizie lampo dal terzo mondo

Da dove vengo tutto è ordinato, pulito, accogliente.
I turno di pulizia nei bagni pubblici è ogni 30 minuti.
La carta igenica per dire, non si può buttare nel cesso, c’è un apposito contenitore.
Per non inquinare mari e fiumi.
Tutti sono sorridenti, solari.
Da dove vengo io, all’aeroporto, le valige arrivano prima che tu abbia il tempo di arrivare al rullo, e nella zona di ritiro bagagli, ci sono negozi, punti informazioni, sedie.
C’è ovviamente una macchinetta per cambiare le banconote in spicci in modo da poter agevolmente reperire un carrello.

La macchinetta accetta qualsiasi tipo di valuta.
Da dove vengo io, tutti si danno un gran da fare, le strade sono perfettamente tenute, e quando c’è qualche buco, si vede subito la cartellonistica dei lavori in corso.
E ci sono cantieri edili molto ampi, ma non ho visto niente di particolarmente brutto o mal costruito.
Qualcosa è più bello, qualcosa meno. Ma tutto molto ben misurato.
Da dove vengo io, la situazione politica è molto complicata, ma in generale sembra che tutto, con alti e bassi, stia procedendo verso un futuro migliore per tutti.
Tutto sembra rigoglioso, verde, e lo è anche il paesaggio.
Le siepi lungo le autostrade, i fiori e i prati ben curati nei porti e nelle città.
Da dove vengo io c’è internet gratuito in ogni dove.
E caffè e ristoranti dove tutto è pulito e ordinato.
I taxi sono tutti ben tenuti e anche i più vecchi, sono comunque puliti e con aria condizionata.
I tassisti ti informano prima della tariffa del tragitto e accendono immediatamente il tassametro.
Lungo il tragitto se ne hai voglia, sono ben disposti a raccontarti qualcosa.

Dove sono arrivata le cose sono un pò differenti.
Le strutture fatiscenti, le strade bucate, i taxi vecchi e senza aria condizionata.
All’eroporto il soffitto è bassissimo, fatto a pannelli di cui la metà rotti, per cui si intravedono fili e tubi.
E’ tutto rovinato e fatiscente.
Il vecchio pavimento in marmo è coperto da una patina nera.
I rulli delle valige cigolano, non ci sono carrelli, le indicazioni per il recupero bagagli sono sbagliate quindi invece del nastro 5 le valige escono al 20.
Niente sedie, niente negozi mentre si aspetta un’eternità.
C’è una folla di gente rumorosa e scomposta.
Fuori la fila dei vecchi taxi è chilometrica, macchine fatiscenti senza aria condizionata, trattative selvagge per le corse, una folla di gente stipata in mezzo alle uscite che ti impedisce di entrare.
C’è il caos di macchine parcheggiate in terza fila.
Fa caldissimo, e stipati nel taxi siamo un pò in affanno, il tassista guida senza cintura, senza accendere il tassametro.
La strada è piena di buche, il guardrail tutto rotto e spesso sostituito con massi di marmo.
Siamo con i finestrini aperti, e il paesaggio è secco, beige, pieno di capannoni dismessi, discariche.
I cartelloni pubblicitari pendono un pò tutti, un’urbanizzazione selvaggia accosta ecomostri a villette a schiera nella periferia della città.
L’impatto è davvero brutto.

Io vengo dalla Turchia.
Il mio punto d’arrivo invece è Roma.
E ogni volta che arrivo, mi viene da piangere.
Letteralmente.