Fenomenologia della salvia fritta.

Vi siete mai chiesti perché quando le grandi famiglie si riuniscono si mangia senza sosta?

I pranzi familiari li hanno inventati perché è l’unico modo per tenere insieme le grandi, grandissime famiglie. A bocca piena tutto si svolge secondo strane energie cosmiche ed è la telepatia che regola le tensioni.
Con la bocca piena è difficile litigare, piangere, spiegare, discutere.

È un sorriso verso la macchina fotografica mentre mangiate l’ennesima salvia fritta che suggella il fatto che sì, in fondo, è tutto ok. Anche se di ok non c’è proprio niente in quel momento. E vorresti dire che dall’altra parte della barricata ci sei già stata. Sei stata già quella in mezzo alla guerra di bombe che espolodono accanto a te e dopo le prime 4 , non le senti neanche più. Che lo sai com’è sentire che è andato tutto a puttane. Ma in famiglia, le cose, non si dicono. Si sentono.

Si sente la sofferenza, e si fa finta che non ci sia. Si scacciano via i pensieri – non i tuoi – ma quelli di chi mangia la salvia fritta accanto a te. Per una sorta di osmosi e con la sola forza del primo, secondo, dolce , caffè e ammazzacaffè, si soffoca la sofferenza.

A questo servono quelle montagne di cibo alle riunioni familiare. A con-dividerlo. Io dalla parte sbagliata ci sono finita abbastanza presto. E ero arrabbiata che nessuno mi abbracciasse e mi dicesse – è tutto ok – ora passa. Ero arrabbiata di essere sola in mezzo alle bombe e anzi, spesso le bombe erano fuoco amico.

Poi la guerra cessa e tu sopravvivi, ti spolveri i pantaloni, aggiusti la camicia e sai cosa vuoi dalla tua di vita. Alle abbuffate di famiglia ci arrivi preparata. Sai che niente si dice, e che la quantità di cibo ingerita è direttamente proporzionale al problema.

Così, davanti a un piatto di salvia fritta, chi ti porge il bicchiere di vino e dice che è buona anche la melanzana ti sta dicendo che ti vuole bene. Se nel frattempo prendi un tovagliolo e lo porgi a chi ti sta vicino, per evitare il dramma macchia da olio di frittura, allora quel qualcuno saprà che ci sei, che è tutto ok. Che tutto passa.

Le grandi, grandissime famiglie viste dall’alto, sono semplicemente formate da micronuclei che hanno un componente di contatto. Tipo puzzle. Il tassello di incastro altro non è che un estroverso che si insunua nel micronucleo vicino, e fa da collante. Gli angoli e i lati, pur facendo parte dello stesso puzzle, non si parlano, non si incontrano e non hanno nulla a che spartire. Ma inevitabilmente concorrono tutti a comporre il mosaico, e cosa più importante di tutte e tenerlo in piedi. Si trovano di solito su posizioni diametralemente opposte su tutto ma restano lì a fare da cornice. Sono quei pezzi, tuttavia, che la salvia fritta non la assaggiano neanche per sbaglio.

“E quando li cattura una definizione…”

…il mondo è pronto a una nuova generazione” cit.Lorenzo

Ho la cartella delle bozze piena di roba che non riesco a pubblicare, la leggo e mi pare banale. Mi chiedo sempre prima di cliccare su PUBBLICA, se davvero ha senso CONdividere. Le rileggo – senza attenzione ai refusi lo so – ma le rileggo in modo maniacale, le cose che scrivo.

La cartella bozze piena di roba che non pubblico, cose banali, noiose, al limite del ridicolo. Ed è in giornate come questa che mi chiedo se non sia il caso di schiacciare semplicemente su invio e buttare tutto fuori, qui sull’Internet.

A volte mi perdono la noia e la banalità, soprattutto quando sfoglio riviste patinate di giornalisti/e serie che se ne escono ancora con cose tipo: LA “NUOVA GENERAZIONE E IL RAPPORTO CON I BOOMER”.

Ne avevo 16 di anni la prima volta che lessi su IO Donna un stronzata del genere.

Mi chiedo: davvero nel 2021 è necessario pubblicare la merda nelle bozze dei giornalisti? No, perché non posso credere che un direttore abbia esplicitamente chiesto a un giornalista di fare un pezzo generazionale.

Pensare davvero di poter scrivere qualcosa sui “giovani” mi pare una barzelletta. Lo sentite quanto suona male anche solo leggerla questa frase. Lo pensavo a 16 anni quando scrivevano “su di me” lo penso ora a 40. Questa insulsa tendenza a dimenticare, e liquidare chi sta vivendo quello che tu hai già vissuto è una cosa che mi manda fuori di testa. Io oggi di 16 – 20 enni ne frequento molto pochi, e le rare volte che succede, la sento la distanza che c’è. C’è un modo che ci separa e quel mondo non è colmabile, non è incasellabile, non è comunicante. Siamo noi che guardiamo loro, loro a noi non ci vedono proprio. E’ come fossimo tutti invisibili.

Ed è giusto così.

Perché questa distanza generazionale andrebbe coltivata, la lontananza tra generazioni è un mondo di cose non dette, non condivise. Era un mondo fatto di regole non dette, quando ero io nella casella Pischella, regole che mi sono servite nella vita molto più di tante cose ripetute fino alla nausea. La distanza permette a loro – quelli nuovi – di scegliere la strada, e non per merito nostro, ma per demerito di chi da quella casella lì è già passato, e ha la pretesa di sapere come si sta.

Non è così. Loro sono lì adesso, ed è un mondo tutto diverso, così loro non capiscono i tuoi racconti perché il panorama è completamente cambiato. Immaginate la stessa sensazione che avete quando siete tornati in un posto dopo tanti anni. Il posto è lo stesso, la spiaggia non si è mica mossa. E anche il baretto è sempre lì. Ma non è più lo stesso. Non bisognerebbe mai tornare nei luoghi dove si è stati felici. Ti deluderanno inevitabilmente.

Stamattina leggendo l’articolo, ho pensato che ai giornalista e agli editori che tirano fuori dal cilindro delle bozze il pezzo generazionale andrebbe fatto un corso di – butta la bozza. Ve lo tengo io. Gratis.

Supponevo, stupidamente, che la mia di generazione avrebbe avuto almeno la lungimiranza di non farlo neanche il tentativo di compredere. Invece Generazione MZXY , boomer contro Millenial, caselle, definizioni, usi e costumi dei popoli della notte. Come nel libro di storia. Mentre leggevo ho avuto quasi l’istinto di sottolineare e ripetere ad alta voce…

Possiamo fare un patto? Accettiamo serenamente che NO non parliamo la stessa lingua che i loro 16-20 anni non sono i nostri. Che possiamo guardarli ma non possiamo capirli, non possiamo comunicare. Possiamo vivere di silenzi. Mentre loro pensano che siamo dei coglioni e noi pensiamo che non capiscono un cazzo.

E che a un certo punto sta cosa di scriverci sopra… la possiamo pure relegare agli storici quando scriveranno.

Era il 1992 io cantavo Tempo, di Jovanotti…. e quando li cattura una definizione, il mondo è pronto a una nuova generazione.

PUNTO.

Teorie e tecniche dello svuota tasche.

C’è stato un tempo dove ognuno di noi si è visto regalare questo oggetto inutile e senza senso da un parente, di solito uno zio o una zia, accompagnato dalla frase “così ogni volta che ci metti le chiavi mi pensi”.

Ce ne sono di mille tipi ma quello in pelle quadrato resto un grande classico della “letteratura contemporanea”.

Lo svuota tasche alla fine ce lo siamo portato in giro per il mondo, dalla nostra stanza alla nostra prima casa, alla seconda, alla partenza per un posto lontano. Quell’oggetto inutile dentro al quale lanciamo le chiavi o gli spicci senza centrarlo quasi mai.

Continua a leggere “Teorie e tecniche dello svuota tasche.”

Lettera di Compleanno N.8 – 2018

Caro Zeno,

a 14 giorni dal tuo compleanno e dopo 11 giorni di intese vacanze insieme ci siamo separati (per fortuna) e ho finalmente il tempo di onorare la tradizione.

Altro giro altra corsa, e sono 7 anni. Quest’anno papà ed io siamo andati in vacanza da soli. La prima, di nuovo, di una lunga serie. In controtendenza alla pedagogia del momento, abbiamo deciso di rimanere “genitori anni 80” di quelli che, ora che siete cresciuti, mollano i figli ai nonni, per andare in vacanza loro, senza portarseli dietro… anche perché francamente mi pare vi divertiate molto più senza di noi che quando ci siamo.

E’ stato un’anno di incomprensioni il nostro, probabilmente più per colpa mia che tua, anche se devo dire che simpaticissimo non sei stato.

Assorto nei tuoi pensieri, reticente alla reltà che non ti piace e sembra tra l’altro non interessarti affatto. Combattuto tra la voglia di omologarti agli altri e sorpreso nel trovarti a volte come un pesce fuor d’acqua. Gli sbalzi d’umore all’ordine del giorno.

So cosa si provi, credimi, ma non c’è niente che io possa fare per alleviare questa strana sensazione di essere sempre un pò “stonato” rispetto al coro… anche io da piccola avrei voluto che qualcuno facesse qualcosa per me a riguardo… ora so che non c’è niente che cambierebbe le cose.

Posso solo augurarti di non soffrirne troppo e imparare a convincerci serenamente fin da subito. Senza aspettare che gli anni, e la maturità facciano il loro corso come è successo a me. Posso solo sperare che tu faccia pace prima possibile con te stesso, dandoti una pacca sulla spalla mentre pensi: “va beh dai, anche se non sono fico va bene lo stesso”.

Non ci capiamo io e te ultimamente ma nonostante questo a volte riesco ad abbracciarti e starti sdraiata vicino per un pò. Parli con me quando sei in orizzontale. E mi racconti cose di una noia sinistra. A volte riesco a far finta di ridere, a volte no.

E quando non lo faccio provi goffamente a ferirmi. Il tuo asso nella manica è chiedermi con aria innocente perchè siamo genitori diversi. E io sò già dove andrai a parare. Ma ti accontento in questo schema ormai trito e ritrito dove le altre mamme e papà sono “fichi” . Noi invece no. Io meno ancora di papà.

A volte la “figagine” è data dalle cose a cui hanno accesso gli altri e tu no. A volte da quello che fanno. Qualche volta proprio esteticamente. Le mamme degli altri sono più belle mi dici. Tra l’altro amore mio con tutta l’autocritica che posso avere , quelle da te indicate come più belle … va beh cambiamo argomento.

Non dovrei dirle certe cose forse, e nemmeno scriverle… ma siccome queste lettere, fondamentalmente , sono per te, mentire non avrebbe alcun senso.

È stato un bel compleanno, credo, niente festa, niente bambini, solo noi. Concentrati su di te tutto il giorno, e sui tuoi desideri. Con dei regali azzeccatissimi e il tempo di usarli tutti quanti un pò. La torta gigante quella sì è stata perfetta.

E veniamo agli auguri per l’anno che verrà.

Ti auguro amore di avere un anno pieno di scoperte e di passione. Di preoccuparti meno degli altri e molto più di te.

Ti auguro amore di avere un’inverno pieno di neve e di sci che tanto ti rende felice.

Ci auguro amore di ritrovare un nuovo spazio e un nuovo equilibrio, per ridere come prima, io prometto farò del mio meglio.

Ti auguro amore di capire al più presto quanto sei coraggioso. Come quando ti tuffi nel mare da im alto in alto senza neanche un dubbio.

Ti auguro amore un anno speciale intenso e di sole.

Ti auguro amore tutto l’ amore che ho. E anche di più.

Buon compleanno

Mamma

L’invidia fatta mamma

 

Il tema posso dire con certezza che è trito e ritrito, ma oggi cospargendomi il capo di cenere vorrei fare un sincero elogio alle tante odiate vituperate mamme perfette.

E’ sì perché diciamoci la verità, ormai quello di dissacrare il mito e la figura della mamma/donna perfetta è diventata una banale scusa per noi pigre per non affrontare la vera verità sulla faccenda.

E allora senza indugi posso asserire che le mamme normodotate o pernientedotate come me provano in cuor loro un unico reale e ben distinto sentimento: INVIDIA.

L’invidia che poi mascherano per disprezzo della perfezione altrui, o peggio ancora, lo mettono in dubbio.

Invece mie care donne imperfette, dovere rassegnarvi al fatto che siete nate nella categoria sbagliata. Non c’è niente da fare. I vostri figli non saranno ben vestiti in ogni occasione, sbaglierete quasi tutto in merito alla loro educazione e vita sociale. Voi avrete sempre i capelli sporchi, e sarete sempre vestite alla berlinese (pescando vestiti dall’armadio al buio).

Voi dimenticherete continuamente le attività extrascolastiche, e tutto quel che riguarda i vostri figli per un solo e semplice motivo, non avete una marcia in più.

E potete continuare a schernirle, a boicottarle, a dichiararle false e bugiarde, ma la vera verità è che loro sono brave, e noi, NO.

Io personalemente ho due mamme perfette proprio vicino vicino, non credo di averle mai viste scomposte, ah e ovviamente hanno anche una brillante carriera, che ve lo dico a fare.

Qualche settimana fa, con largo anticipo sui miei standard, chattavo con una di loro per organizzare il natale, lei aveva già fatto tutti i regali…

PENSIERO CATTIVO #1

Spero vivamente che le mamme perfette siano colpite da diarrea fulminante e non riescano a tenerla davanti alla scuola.
Che la seconda volta succeda sui pacchetti di natale già pronti da novembre. 
Che il natale le trovi impreparate con i capelli unti lo smalto sbeccato, le calze smagliate.
Ma questo sappiamo tutte che è solo un sogno.

Of course, but maybe (cit Luis CK) – libero sfogo da prima elementare

E’ da qualche giorno che un senso di agitazione/emozione ha fatto capolino. Le telefonate dei nonni, le domande delle amiche. La preparazione della cartella. Ci siamo, mi dicono, “sei emozionata?” . Rispondo “sì sì” in automatico e cerco di ignorare la vera natura del sentimento che provo. Cerco di fare la mamma, ci provo, rassicurando il nano e raccontandogli che la scuola è un bellissimo posto, che si farà un sacco di amici. Che la sua maestra è davvero tanto gentile. Lo rassicuro. Altre telefonate, altre domande.

Ieri sera lavandomi i denti un piccolo strappo nella “idilliaca” favola che ci raccontiamo ha fatto il suo ingresso. L’incazzatura. Mi guardo nello specchio e l’unica cosa che penso è, ma porca vacca quanto cacchio sono invecchiata. Ma chissene frega del nano qui il problema sono io e solo io. Ho un figlio (due per la verità) e per di più va anche in prima elementare. Insomma una donna finita. Na vecchia.

Finisco di lavarmi i denti e cerco di cacciare i pensieri egoriferiti per fare la brava mamma e emozionarmi di felicità perchè mio figlio va in prima elementare domani. “Sii empatica almeno questa volta” penso.

Mattina, doccia, colazione, il nano è emozionato, io un pò anche.

Si veste da solo, decide cosa vuole mettersi senza chiedere consiglio. Lo trovo pronto e con denti lavati in corridoio, io sono ancora in mutande… Usciamo presto perché ovviamente mi sono ridotta all’ultimo e dobbiamo andare a compare quaderni, cartelline, colori e una  lunga serie di cose scritte su una lista che ha passato tutta la settimana attaccata al frigorifero.

Andiamo dal cinese sotto casa.

Merenda e eccoci davanti alla scuola, in anticipo penso io, invece sono già tutti lì. Passano i minuti e il cancello ancora non si apre. Il nano chiacchera con il suo amico e io cazzeggio su instagram, appoggiata al muro e penso: “ma che palle”. Mi riprendo subito sfoderando a tutti i genitori che mi circondano uno dei sorrisi migliori, quello da riunione con l’amministratore delegato. Loro sono sorridenti, elegantissimi, mi giro verso LUI (papà) e lo vedo più annoiato di me, ci capiamo al volo e ridiamo.

Cerimonia di ingresso, divisione per classi, appello, convenevoli, l’emozione se n’è andata a fan…lo 20 minuti fa, voglio solo scappare, ci sono mamme che scattano foto, papà che baciano, un sacco di gente felice che produce rumore e gridolini. Bambini rumorsi. Mi dò un contegno ma dentro sto morendo di pizzichi. Le mamme fanno amicizia, si scambiano i numeri. Io confido nel fatto che ne conosco già 2 quindi anche chissene frega. Finalmente il supplizio volge al termine – penso io – saliamo per le scale e li portiamo in classe, sono in fila per due e questo si mi emoziona perchè devono stare in silenzio.

Entrano in classe, e alcuni genitori mi spintonano per fare il video dell’ingresso, e di questi memorizzo istantaneamente le facce per bucargli le ruote più avanti nel corso dell’anno scolastico. Mi avvicino alla maestra solo per chiedere “possiamo andarcene?” Ma la mia mente elabora in un nanosecondo che sarebbe davvero brutto e quindi mi esce un “l’orario di uscita alle 13.30 giusto?” mi risponde piccata che no, è alle 13.00. Partiamo malissimo. Guardo Nano 1 , non mi cerca, sembra sia sempre stato lì, si è scelto il banco in fondo vicino alla finestra. Praticamente non starà attento mai. Mi avvicino gli chiedo se è tutto ok e mi risponde sì certo! Della serie mamma che ci fai ancora qui. Colgo la palla al balzo e me ne vado.

Finalmente sono fuori, e quella sensazione di essere assolutamente fuori posto e fuori contesto in mezzo a tutti quei genitori partecipi e sentitamente felici mi abbandona. E l’unica cosa che penso è che no, non ce la posso proprio fare a affrontare questa cosa delle elementari… con le altre mamme… interagire…preoccuparmi… io non penso di riuscire proprio a sopportare il contorno.

Ho anche un vago senso di antipatia nei confronti della maestra ma ricaccio il pensiero appena fa capolino. E mi concentro su questa cosa del politicamente corretto, che non se ne può più e vorrei poter essere libera di dire a tutti che al momento sarei felice se l’asteroide del Buondì precipitasse in ordine sparso su (a puro titolo esemplificativo):

Saviano Bastian contrario e le sue spiegazioni

Le perenni inchieste/articoli/analisi per avere donne manager

La bellissima vita glamour .. degli altri

La polemica sulla bellissima vita glamour.. degli altri

Gli eccessivi salutisti, fanatici di yoga che solo ieri erano tossici imbottiti di MDMA in cerca di rave

Le frasi ponderate

Le spiegazioni pro e contro i vaccini

Le polemiche sul tempo, sul sindaco, sul chiacchericcio

E vado avanti a fare la lista per tutto il tempo che mi separa dall’ufficio, e il mio ufficio è lontano lontano lontano.

Parcheggio chiudo la macchina e penso che mi sento proprio così, come lui…

OF COURSE…BUT MAYBE

Breve Post -Vacanza 2017

Dovrei raccontarvi di patinate giornate estive, di pelli abbrozzante, di bambini felici, di mare cristallino, di sale, di capelli crespi e di sandali.

Dovrei dirvi di un’isola ormai non più dimenticata nel mezzo del mare greco, dove il vento ti prende a schiaffi tutti i giorni, dove non fa mai davvero caldo. Di feste con mood anni 80, di niente da fare, di tempo che si ferma.

Dovrei dirvi di figli felici, di adolescenti sdraiati, di cibo cattivo, di lentezza, di routine, di amici e nemici. Continua a leggere “Breve Post -Vacanza 2017”

Lettera di compleanno – tra una valigia e una mail -6

ZHo come l’impressione di essere sempre qui a scriverti, e che gli anni si stiano traformando in giorni. Ci siamo, di nuovo. Domani 6 anni.

E’ l’estate più calda che io possa ricordare, così calda che mi ricorda quella in cui sei nato tu. Facevano 40 gradi anche lì e abbiamo passato i tuoi primi giorni di vita nascoti all’ombra delle persiane , chiusi in casa in campagna, con le cicale di sottofondo e le giornate lente e pigre e … calde.

Domani si parte, in viaggio, il giorno del tuo compleanno. Partiamo per mete a me care  che spero restino impresse nella tua memoria di bambino. Ti porto dove il mondo – io penso – ha ancora profumi , colori, e sapori. Dove niente è tutto uguale, dove c’è poca plastica, e molto poco da fare.

Non andiamo per fare cose, andiamo per stare insieme, tutti insieme anche con i fratelli grandi.

Ti porto in un posto che ci rende felici a me e a tuo padre e spero che la felicità sia contagiosa.

Ieri sera correvate, te e tuo fratello, per i giardini di quartiere con un monopattino e un gelato.  Giocavate per strada, come si faceva un tempo e facevate amicizia per strada, come si faceva un tempo.

Mi chiedi sempre com’era quando ero piccola io, e poi aggiungi sempre… ” e quando era piccolo papà?” Hai ormai assimilato il fatto che si tratta di due tempi diversi i miei e quelli di papà e sai ormai che c’è sempre una versione in più.

Me lo chiedi per sapere se il mondo è meglio o peggio ora. Cerco di non cadere nell’errore di tutti i grandi, che pensano che il passato sia meglio del presente, così anche se realmente se lo penso, mi mordo la lingua e ti dico che oggi è molto più bello di ieri.

Domani partiamo, il giorno del tuo compleanno,  in viaggio.

E questi sono i miei auguri per i tuoi 6 anni:

Ti auguro, amore mio, di essere sempre in viaggio il 4 di agosto,  magari da piccolo ne soffrirai un pò, ma poi da grande ne sarai felice come lo sono sempre stata io.

Ti auguro di essere in viaggio per posti speciali alla ricerca di quella luce un pò gialla che a me piace tanto, per posti dove non c’è niente di che da fare ma c’è la vita da vivere.

Ti auguro amore un anno di vita normale, come quello passato, dove le delusioni e le grandi felicità sono andate di pari passo.

Ti auguro amore un mare di ricordi felici, che sbiadiranno nel tempo ma ti lasceranno da grande una sensazione di pace.

E in fine amore quest’anno ho una richiesta; quando non ti guardo, travolta da tuo fratello, dammi un calcio e ricordami che ci sei, perché anche se lui è quello rumoroso, anche se lui è quello che detta “purtroppo” gli umori della giornata, lo so che sei tu quello che più ha bisogno di tutti noi, o forse, onestamente parlando, io di te.

Domani si parte. Buon compleanno.

Con amore Mamma

 

 

 

 

 

Playlist di luglio

Scrivo dal telefono di ritorno da Milano e ascolto musica pop italiana contando le balle di fieno che passano.

La mia “Playlist” immaginaria :

Mi piacciono gli incontri fugaci tra amiche organizzati all’ ultim’ora dove in 2 ore riassumi gli ultimi 6 mesi. E i minuti sono così pochi che di base, il rospo, lo devi sputare subito,  senza premessa. Senza filtri.

Mi piacciono i giorni in cui sono Viola e non Mamma. Mi piacciono anche i giorni in cui sono Amore Mio e non Viola.

Mi piace la musica ad un volume assordante.

Mi piacciono i matrimoni dove qualcosa va terribilemente storto e quel qualcosa diventa il ricordo più bello del matrimonio.

Non mi piacciono gli uomini con la barba che come diceva mia nonna hanno sempre qualcosa da nascondere e poi diciamocelo…la barba puzza.

Mi piacciono le persone basiche,  quelle che “prendono un pezzetto di terra lo dividono in 4 e seminano cose diverse in ogni quadrato”.

Ho scoperto che Dio ha smesso di distribuire l’autoironia , peccato,  a me piaceva un sacco.

Mi piace andare in moto senza casco e in macchina senza cintura e guidare veloce, e fumare dentro i locali e dormire truccata.

Mi piace bere ma non ubriacarmi,  mi piace fare tardi,  ma non vedere l’alba.

Mi piace mangiare, mangiare tantissimo che poi mi sento male. Mi tira la pancia.

Non mi piace fare sport anche se poi rosico perché non sono magra e tonica…

Mi piacciono i miei amici pochi ma buoni.

Mi piacciono le feste di compleanno ma io non festeggio da sempre.

Mi piaciono le canzoni di Vasco e Tiziano, e mi piacciono i tormentoni estivi.

Mi piace Roma che arranca, Roma sporca e e bistrattata perché il disastro sta spingendo i Romani a osare e ne stanno uscendo cose fichissime, e mi piace essere tra i pochi a pensarla così .

Mi piace guardare le facce ebeti che guardano lo scintillio di questi tempi incantate, mentre dietro di loro … l’apocalisse.

Mi piace chi non ha certezze, chi non è organizzato,  chi non dà il meglio di sé.

Non mi piacciono i prepotenti gli iperattivi i detentori di certezze,  i “denigratori professionisti” che fanno gli splendidi sulle debolezze altrui .

Mi piacciono le case un poco scrostante, i servizi di piatti spaiati.

Mi piacciono le piogge estive,  i vestiti scoloriti,  i costumi slabbrati,  i piedi scalzi con lo smalto rovinato.

Mi piace il mercurio cromo sulle braccia dei miei figli.

Mi piacciono i sorrisi a mille denti e gli abbracci fortissimi tra sudati perché fa caldo.

Mi piace la caducità dell essere umano. Mi piacciono gli uomini improvvisamente eleganti.

Mi piacciono i giochi di parole. Mi piace leggere il dizionario.

Mi piace il signore di fronte a me in treno che mi ha offerto metà della sua frittata di patate dicendo “vuole favorire”.

Mi piace questo luglio di aspettative che verranno probabilmente disattese e aspetto di essere su un’ isola greca dove ci sono solo Bretoni romorosi  e capre, per essere bambina ancora una volta, come tutte le estati passate.

Giugno è il nuovo Dicembre

Ogni anno si fanno nuove scoperte, nuove conquiste, il che assomiglierebbe ad una frase positiva…

Le scoperte della vita da mamma, al contrario, sono peggio di un invito della suocera a cena di sabato sera. Una martellata sull’alluce per capirci. Adesso, con entrambi i figli a scuola ho scoperto ad esempio che Natale e Dicembre, non sono per forza le parole più brutte del vocabolario Italiano. Ne ho di nuove da inserire; insieme al banalissimo Saggio/Recita e Festine/Merende la nuova parola è GIUGNO.

E pensare che un tempo Giugno era il simbolo della felicità, della libertà, della fine della scuola, dei primi bagni, dei week end lunghi, dei ponti, dei mini viaggi, sì anche degli esami all’università, del programmare le vacanze. Giugno era bellissimo.

Poi 2 figli sono andati a scuola e la mia strategia di madre assente, svampita, asociale, adottata con successo da settembre sta vacillando per oscure forze esterne che mi assillano.

Sul dramma di assistere a una recita/saggio sono stati scritti poemi epici che non potrei mai eguagliare, ma per i figli ok si fa…, stessa cosa sulle milioni di feste e festine che popolano le agende di tutte le mamme.

E io su queste, sulle maledette feste, ho adottato un metodo standard. Ai figli, se la festa viene annunciata in formato digitale, non ne ho neanche mai accennata l’esistenza. Fine del problema. Le mamme ormai per fare sfoggio di modernità e tecnologia non consegnao più biglietti di invito cartacei (fatta eccezione per qualcuna che a quel punto diventa la mia eroina) per cui la mia tattica era perfettamente collaudata.

Fino all’arrivo di Giugno.

In questi giorni non so perché, mi  sembra che la concentrazione di nati sia superiore del 200% alla media del resto dell’anno. Così le agende dei due nani hanno previsto e prevedono un fitto calendario di feste di fine scuola, brunch domenicali con le maestre, feste di compleanno nei parchi, saggi comprensivi di “compra il pantalone e la maglietta di quel colore”, corsi di varia natura e genere, aperitivi, e perché no anche pizzate serali. Roba da far inviadia anche agli eventi in agenda della FERRAGNI.

Adesso, per adempiere a tutte queste faccende, ho adottato il metodo, #confondiliescappa. Così un buon 30% è stato volutamente e/o accidentalmente dimenticato. A un 30% ho partecipato arrivando in ritardo e andando via prima e il restante 40% è quello che ancora mi aspetta da affrontare.

Nano 1 più cosciente dello scandire del tempo ha iniziato a fare discorsi strani tipo: “mamma perché tu non fai come le altre mamme e vieni con noi/ci porti dappertutto?” a cui ho prontamente risposto come da copione ” a me di quello che fanno gli altri non importa niente; se gli altri si buttano giù da un ponte tu fai uguale?” – non mi sembra che abbia apprezzato la risposta ma almeno la faccenda si è chiusa lì.

A nulla sono valsi i miei inutili tentavi di eludere le altre mamme, compreso un poco apprezzato abbandono della Chat di scuola. Sì lo so, è un affronto che non avrei dovuto fare, ma quando ho cliccato su abbandona il gruppo ero felice come se avessi finito le sedute dell’anonima alcolisti e mi avessere detto, sei libera, da oggi in poi puoi fregartene di qualsisi vitale decisione si debba prendere all’interno del gruppo. Niente più menù da approvare, lavoretti per cui portare materiale, drammi scolastici per leggere sbucciature o affacci dalla finestra del piano rialzato della classe.

Niente auguri ad ogni mamma , niente incitamenti , niente gridolini faccette o emoji di merda. Niente. Silenzio. Bellissimo.

Sì lo so, non dovevo farlo, perchè adesso le mamme hanno iniziato a scivermi in privato e io – che ovviamente non avevo registrato un numero/nome che fosse uno – ricevo messaggi da sconosiute che non so chi siano e che mi fanno domande di ogni genere a cui rispondo sistematicamente con un : “mi spiace guarda è un periodo al lavoro drammatico, non ce la faccio”.

Ma ormai sono fuori dal gruppo, e il gruppo me la sta facendo pagare. Ho così tanta paura che li porto a scuola in orario (anzi presto) per eludere il capannello che si forma sulle scale. #mammeagrappoli armate di messa in piega perfetta con 40° all’ombra, doppio cellulare, tacchi alti, e agenda filofax per impegni dei loro figli.

GIUGNO scritto così, è la mia nuova parolaccia preferita. Un’insulto a tutto tondo da usare senza parsimonia in occasioni varie: In fila sul raccordo, quando ricevi la mial che non volevi ricevere, contro i colleghi odiati. SEI COME GIUGNO, PEGGIO DI GIUGNO, A QUESTO GIUGNO GLI FA UN BAFFO.

E mentre ascolto il PIOTTA e HIT MANIA DANCE 1999 in macchina non mi resta che trattenere il fiato e aspettare DICEMBRE.