Futuro Anteriore e la scuola media

E’ arrivato il tuo tempo descritto e agognato,

è arrivato il futuro che hai tanto decantato.

E’ oggi quel giorno di cui parli da sempre,

quel futuro così lontano che oggi è presente.

Alle 4 finisce il presente da bambino,

alle 5 il futuro diventa vicino.

Mi dicono gli altri che è stato veloce,

questo tempo elementare che sembrava feroce.

Non penso davvero che il tempo sia volato,

ho le rughe, son più vecchia, mentre tu sei maturato.

Il tempo così lungo l’ho sentito ogni giorno,

la fatica, la paura e la felicità tutta intorno.

Da domani un grande salto nella nuova avventura,

ma è il Futuro anteriore che oggi fà più paura.

Sarò stata capace di insegnarti la vita, o quanto meno,

sarò stata sufficiente nel mio compito ingrato

nel lavoro di madre dove commetto reato.

Il reato di assentarmi e lasciarti sbagliare,

troppo? troppo poco? in ogni caso andrà male.

Ma il Futuro Anteriore invece è tuo alleato,

quello semplice è andato, morto, archiviato.

Questa forma verbale ti darà sicurezza,

indica eventi, esperienze che avverranno con certezza.

Il futuro Anteriore te lo impongo da oggi,

per amare senza paura e coltivare nuovi sogni.

Cronache da un matrimonio

Non c’è un giorno esatto in cui puoi dire che sia nata la vostra amicizia, non c’è perché non è stata una scelta quella di crescere insieme. Insieme stavano i nostri genitori insieme siamo state noi, in vacanza, non in vacanza, in città al mare in montagna a scuola. In barca sotto al sole, in montagna al freddo e al gelo.

Io c’ero quando litigava con la mamma, lei c’era quando io non potevo litigare con la mia. Io c’ero quando si è sfracassata una caviglia sugli sci, da ferma, ridendo. Io c’ero quando era natale, lei c’era quando era pasqua. Eravamo insieme a Londra la prima volta, eravamo insieme i week end quando partivo con i miei genitori e passavo a prenderla il venerdì pomeriggio e la riportavamo la domenica sera.

Lei era lì e io ero lì che lo volessimo o meno. Come le sorelle che non puoi mica sceglierle. Lì.

Poi le strada si fa tortuosa e a volte si separa a volte si incontra, magari nelle occasioni più formali, ma sei sempre lì, come se il tempo non fosse mai passato. Come se ti fossi vista il giorno prima. E tutto scorre, ogni tanto agli incroci ti incontri, ridi, passi un week end in barca insieme, una festa di compleanno, una settimana in montagna, e poi più niente. Silenzio e i mesi passano.

Avanti per la propria vita, per la propria strada, e di nuovo un incrocio, e di nuovo non c’è niente da spiegare o da raccontare, o da recuperare. Il tempo è a nostro favore, il tempo quando ti vedi non è passato.

Un altro natale, un altro compleanno, un battesimo, una festa, una breve vacanza e poi all’improvviso tutto si materializza davanti.

Un MATRIMONIO. Uno di quelli dove stai in chiesa dall’inizio alla fine, uno di quelli dove arrivi presto e te ne vai tardi. Uno dei pochi dove davvero davvero sei felice per gli sposi.

Il tempo pochi giorni fa mi ha consegnato una busta, dentro c’erano tutti questi anni, tutti i figli, tutti i ricordi, c’erano le delusioni, e anche le arrabbiature, c’erano le incomprensioni e le prese di posizione. Il tempo mi ha consegnato una busta di ricordi, mi ha dato uno schiaffo e mi ha detto “e mo’ vedi se non ti svegli e capisci che sto correndo” – nella mia mente il tempo parla barese… non so perchè.

 

 

Un giorno a Roma

Sarebbe bello se una mattina a Roma ognuno di noi scegliesse di fare qualcosa, una sola cosa, senza alcun senso, tipo:

Buttare l’immondizia non sua lasciata accanto a un cassonetto, mentre cammina sul marciapiede sporco sotto casa. E poi sorridere a chi lo guarda interdetto.

Fermarsi e far passare qualcuno avanti in fila nel traffico, o ringraziare 2 volte chi lo fa con te.

Chiamare il lavavetri al semaforo anche se il vetro è pulito e chiedergli come va. Guardandolo negli occhi.

Tornare sulla linea orizzontale del semaforo spostandosi dalle strisce pedonali che regolarmente occupiamo in motorino, per il purogusto di essere tutti allineati.

Dire buongiorno al vicino di casa antipatico e non aspettarsi una risposta.

Lasciare il proprio figlio scuola senza fretta , anche se si è in ritardo, e fermarsi a spiarlo 5 minuti dallo stipide della porta.

Chiedere scusa ad un automobilista che ti insulta, anche se è lui che è in torto.

Riprendere da terra il mozzicone di sigaretta appena buttato, e metterselo in tasca.

Chiamare dal telefono fisso qualcuno e invitarlo per un caffè, per il gusto di usare il telefono fisso.

Immagino una città avvolta in una caotica calma. In una serena delirante tranquillità. Come quelle idiote pubblicità di auto dove dentro l’abitacolo suona musica jazz e fuori c’è la terza guerra mondiale.

Nessuno che suona, nessuno che grida, nessuno che litiga.

Romani in preda a un moto di spontaneità, che viaggia a rallenty.

Ieri sono andata al Colosseo e ai Fori, così , senza motivo. Me lo ha chiesto nano1 all’uscita di scuola. Ho pensato , ok perché no…

Siamo saliti in motorino e siamo andati. Insieme ai turisti, non eravamo con un gruppo, non avevamo una guida, abbiamo fatto il percorso al contrario, e ci siamo seduti sui gradini a parlare dei Barbari, dei Gladiatori e di Nerone (thanks to wikipedia).

Non entravo al Colosseo da quando avevo 20 anni  e ci andavo di notte… e ascoltavo Sheryl Crow cantando a squarciagola il ritornello.

Buon week end a tutti.

Teoremi da trasloco – risate e lacrime

PRSS PLAY:

Quando sei adulto, ai traslochi un pò ci hai fatto il callo, sei abituato e preparato a questo turbinio di cose che si spostano da un posto all’altro, ei abituato alle frasi di circostanza di quelli che incontri che ti ripetono come un mantra.. ” eh ma gli psicologi considerano il trasloco il trauma peggiore dopo la morte di un parente stretto…”

Sei abituato a vedere improvvisamente scaffali svuotarsi e armadi smontarsi…almeno lo pensi…

Il maledetto scatolone però, nonostante negli anni in qualche modo abbiate fatto più o meno amicizia, non ti risparmia mai gioie e dolori. Continua a leggere “Teoremi da trasloco – risate e lacrime”

Beautiful Stranger

Due giorni fa è successa una cosa incredibile. Me ne stavo tranquilla canticchiando l’ultima canzone di Madonna, a squarciagola, stavo percorrendo una delle solite strade vicino a casa per andare a cena fuori. Non so perché ma avevo la macchina di mio padre. C’era un acquazzone estivo in piena regola, ho alzato il volume a cannone . Ritornello, testa che oscilla, chiudo gli occhi e li riapro guardando nello specchietto.

Non so cosa sia successo in quella frazione di secondo, non so come mai, il fuoristrada si sia alzato di qualche centimetro, non so proprio perché d’improvviso la strada era così piena di macchine, brutte, enormi, e poi tutte bianche. Una roba orrenda. Anche la solita edicola aveva dei tavoli fuori e gente che faceva l’aperitivo (all’edicola?)e il solito ristorante aveva cambiato insegna. Un delirio di gente e il panico vero. Continua a leggere “Beautiful Stranger”

Ricordi di Viaggio – Vietnam

Negli ultimi giorni la tecnologia si sta rivoltando contro di me.

Capita ciclicamente, e adesso, oltre all’amato BB di cui vi parlavo tempo fa. Anche il mio Mac inizia a fare le bizze.

Il tutto mi costringe a fare ordine e salvare tutto quello che ho scritto – e mai pubblicato – per paura di perdermi tutto.

Tra le tante cose, ho ritrovato un discreto archivio fotografico di viaggi. Perché prima che i nani arrivassero e con minor frequenza anche quando i nani sono arrivati, le mie uniche vere spese EXTRA sono sempre state per andarmene a Zonzo, tant’è che spesso mi si rinfaccia di essere sempre in vacanza, cosa che non è assolutamente realistica.

Così, per i prossimi mesi, cercherò di ripercorrere qualcuno dei posti visti, ma non essendo né costante né metodica lo farò senza alcuna indicazione di “ristoranti alberghi bar”, ma riportando solo con quello che resta dei bei ricordi, sperando che il “mondo” nel frattempo non abbia rovinato tutto. Magari vi viene qualche idea per l’estate 🙂

Quindi partiamo… VIETNAM.

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Regola N°1 – Strisciare come un Marine/Sheila

Stanotte, mi aggiravo per casa, buio pesto, contando i passi, (non ho ancora una dimestichezza perfetta con la nuova casa) per non sbattere su porte e mobili. Andata da nano 1 per controllargli la febbre, tappa successiva cucina per bere dell’acqua, ritorno fino al mio letto schivando nano 2 e LUI che dormiva a 4 di bastoni.

E quando salva, senza aver svegliato, né spaventato nessuno (nessuno dovrebbe incontrarmi che giro gobba per casa con i capelli dritti in testa, occhi chiusi – sì li tengo chiusi convinta che se non li apro è come se non fossi sveglia – e un’improbabile camicia da notte).

Dicevo quando mi sono sentita salva dalla mia parte del letto, m’è venuto da ridere pensando che in fondo la vita è tutta una questione di strisciare in silenzio, come un Marine.

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Amarcord – ma siete proprio sicuri?

Non c’è momento dell’anno, non c’è serata tra “vecchi amici”, non c’è stagione dove, in un modo o nell’altro e in tutte le salse scatta il momento Amarcord.
Così, c’è chi pubblica foto di classe o feste di 15 enni ormai passate, c’è chi organizza feste a tema, o addirittura cerca di ricreare momenti passati come se il tempo si fosse fermato.
Ogni cena a cazzeggio che si rispetti finisce con qualcuno “sbonzo”che rievoca momenti, viaggi e situazioni e fidanzamenti.
E’ un bombardamento continuo di amici e conoscenti che ti incitano a riflettere sui “bei tempi andati”.
I ricordi, che sia mio padre a tirarli fuori o il mio ex compagno di banco, sono sempre compresi nella fascia di età tra i 15 e i 20 anni. Il momento spensierato della vita. Delle scoperte, dei pasticci, o come direbbe una ragazza bionda di mia recente conoscenza delle MARACHELLE.
Insomma almeno una volta al giorno qualcuno ci costringe a pensare al passato e diciamo involontariamente a rimpiagerlo.
Ora, con tutto il rispetto per la memoria selettiva che tiene il bello e cancella il brutto, la faccenda inizia ad avere effetti snervanti su di me che al momento mi ritrovo in varie faccende affaccendata.
Il punto è almeno nel mio caso che non ho alcuna intenzione di passere di nuovo per il VIA.
Ecco a dirla tutta, i bei tempi andati, sì per carità bellissimi ricordi, ma non ci tornerei manco morta.Partiamo dalle basi:

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In visita a Cocca: Elezioni, Montanelli, Brueghel, Rumiz

Quando so che devo andarla a trovare senza neanche accorgermene la mia usuale pratica di abbigliamento mattutino (cadi nel armadio in mutande ed escine coperta) viene sostituita da una stressante seduta di scelta del vestiario che possa risultare quanto meno decorosa.
Così questa mattina, oltre a aver messo uno strato in più di crema idratante e un pò di fard ho anche un abbigliamento “ragionato”.
Non potevo non andare, vista la giornata politica di ieri.
Faccio sempre la stessa strada quando vado da Cocca perché parto dall’ufficio quasi sempre, e andando a casa sua passo per uno dei punti più “popolati” di Roma.
Un inferno di donnette intente a comprare qualsiasi cosa abbia una marca ben sparata sul capo, strass, o brillantini.
Mi innervosisco ogni volta, e poi suono al citofono, e mi chiudo alle spalle un portone che più pesante di così si muore.
E finalmente…silenzio.

C’è il rumore della fontana nel cortile interno, che è sempre ghiacciato, umido, buio.
La differenza di temperatura tra fuori e dentro mi ha sempre impressionato, anche da bambina.
D’estate, sembra di entrate in un ghiacciatissimo negozio newyorkese, di quelli che ti devi mettere il golf appena sorpassi le porte scorrevoli per evitare che ti venga il <>.
Ma ormai sono preparata e in automatico faccio il gesto di aggiustarmi sciarpa e guanti, prima di entrare. Che se ci penso, vista dal di fuori sembro una pazza. Davanti a quell’enorme portone, aspettando che scatti la serratura, che mi aggiusto come se stessi uscendo, invece, invece entro.
Il cortile è stretto e lungo e prima di arrivare all’ascensore la mente si è svuotata delle immagini delle donnette e del rumore.

Cocca mi apre la porta, e come credo tutte le persone di un altro tempo lo fa letteralmente.
Aprendo la serratura. Non ho ma visto quella serratura aperta.
Entro, e l’odore della mia infanzia mi travolge, quella luce soffusa che non ho mai più trovato in nessuna altra casa, quel color rosso/arancio che entra dalle finestre.
A casa mia c’è una luce molto più bianca, più forte, la mattina, mi invade. Invece da Cocca anche la luce è più educata, chiede il permesso di illuminare, ne troppo, ne troppo poco.
Ci sediamo. Ha cucinato per me le cose che mi piacciono.
Ha anche comprato i lamponi, che amo, e che mangio solo lì. Solo lei me li compra, io da sola non lo faccio mai. Al posto dell’acqua la centrifuga di mela e carota (che mi fa schifo) ma che devo bere per non invecchiare troppo in fretta.
Mi concentro e sento le mie cellule e i miei neuroni attivarsi finalmente, sto parlando e sto pensando, sto interagendo, con una donna che nonostante l’età, va molto più veloce di me, e mi costringere a seguirla,a rincorrerla.
Non è arrabbiata per il risultato delle elezioni,mi dice, non è indignata, non è furente (quella sono io).
E’ dispiaciuta. Mi spiega che è stato un profondo dispiacere, lo fa toccandosi il cuore e la pancia, e in un attimo per la prima volta nella vita, comprendo fino in fondo il significato della parola “dispiaciuta”.
Cocca è sinceramente dispiaciuta per gli italiani, per il paese.
Perché, mi dice, in fondo io amo il popolo italiano, moltissimo.
Ricordiamo allora le parole di Ojetti e Montanelli in una lettera scritta da Montanelli.
E Cocca mi racconta, di lui di Montanelli, come io potrei parlare del tabaccaio sotto casa.
“Non era uno stupido, in fondo” mi dice.
Lo dice come si direbbe “non è brutto” di un comodino.
Ed è un giudizio sincero, pulito. Ma così brutale che non so cosa rispondere.
Ho una pessima memoria per i nomi, per le cose che mi raccontano, ho una pessima memoria in generale, mi dimentico anche gli avvenimenti della mia vita.
Il passato per me è passato, non lo ricordo.
Ci sono persone che ricordano ogni minimo dettaglio (LUI) io rimuovo, seleziono.
Perdo la cognizione del tempo e dei luoghi.
I miei ricordi sono per lo più rimaneggiati, sia i belli che i brutti.
Non sono reali, sono esattamente come vorrei ricordarli.
E quando Cocca parla, mi sforzo di ricordare quello che dice e soprattutto come lo dice.
La memoria orale, tramandare oralmente, è una cosa molto difficile.
Glielo dico e lei mi risponde:
“Che ti importa di ricordare giusto, tu ricorda come ti pare, come l’Iliade no?”

Ho mangiato i lamponi, e mentre li sto per finire, mi rendo conto che devo ancora bere la schifosa centrifuga, la mando giù che manco l’antibiotico, e finisco i lamponi.

Cocca parla, di Monti, di Grillo che non ha votato ma che non può essere considerato un voto di protesta come dice il telegiornale. E io mi agito sulla sedia, infervorata dalla conversazione.
Mi corregge le percentuali di vincita delle regioni. Le sa a memoria, tutte e 21.
Poi d’improvvisso mi regala una camicia per il nano una calamita da frigo della mostra di Brueghel che non ho ancora visto e una pagina strappata da Hòla con un bel vestito di Armani. Così…perché ” sono i piccoli regali che rafforzano le amicizie”
Mi dice di farmelo rifare uguale da una sarta il vestito di Armani. Che mi starebbe benissimo.

Il tempo fuori è fermo, ne ho la certezza, e la luce continua a chiedere il permesso di illuminare il salotto, pieno di foto a colori e in bianco a nero, e di quadri antichi e di foto di arte contemporanea.
Mi racconta dell’ordine che ha fatto da Ikea, on line, e che domani le consegneranno tutto.
Le accendo le sigarette, perché non sta bene che una donna le accenda da sola, lei da sola non le ha mai accese (a meno che non fosse sola). E se tu non cogli il momento, lei aspetta, o te lo chiede direttamente. Lei l’accendino non lo usa.

E poi come sempre mi regala un libro che è una vergogna io non abbia letto “Trans europa Express” di Rumiz questa volta, e so già che mi piacerà, e che tra pochi giorni mi chiederà se mi è piaciuto.
E alla prima telefonata non lo avrò neanche iniziato, non risponderò e la notte farò tardi per leggerne più pagine possibile, un pò per paura dell’interrogazione, un pò perché dopo le prime pagine faticose non riuscirò più a smettere.
E allora la richiamerò per dirle che no non l’ho ancora finito, e lei mi ripeterà dei dettagli che ho letto, e che già non ricordo, e che di sicuro non avevo colto.
Così ricomincerò da capo, leggendo con più attenzione. Ma non li ricorderò comunque alla fine del libro.

Il tempo è tiranno, sono già in ritardo, ma è lei che me lo dice.
E’ Cocca che mi congeda dicendomi:”dovrai andare credo”.
E so che è stufa, che vuole che vada. E finiamo come sempre un pò malinconicamente con lei che mi dice che non ha più conversazioni interessanti (e io non lo sono ovviamente) fatta eccezione per il suo amico di Cetona, che è… così intelligente.
Ma insomma, che è un pò stufa. Della vita credo. Ma non lo dice. Allora le racconto del nano e lei si distrae un pò.
E poi mi regala un pezzo di storia di casa per essere sicura che gli oggetti almeno mi ricordino giusto, e non TUTTO come mi pare.

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Per tutto il resto…c’è Mastercard

Decidere di re-imbiancare casa perché, hai deciso di rimanere lì ancora a lungo…e perché, dopo una strenua lotta, ti hanno abbassato il canone d’affitto.

Mandare messaggi di auguri ai neo genitori; auguri che non stanno solo per “congratulazioni” ma soprattutto per “forza e coraggio”… sapendo che tu quel girone dantesco di niente sonno, pianto, ansia e incapacità, odio furastico verso il nano, merda che non è merda, e chi più ne ha ne metta, l’hai superato.

Poco importa se adesso sei al livello 3…nano che urla mentre tocca, cade rompe, si rompe, rompe le palle, corre, scappa, e senza dire una sola parola vera incredibilmente CONTESTA.

Giocare a Marta Flavi domenica sera con “l’amica” single, sapendo benissimo che non funzionerà, ma che il gioco sarà il momento clou della serata.

Preparasi per andare a ballare e svegliarsi alle 2, vestita, sul letto…e non trovare nessun messaggio delle tue amiche mondane, perché sono svenute a letto prima di te…in pigiama.

Lavorare ai titoli dei film di natale – Le avventure di fiocco di neve – e dimenticarsi delle primarie, della crisi, degli scandali, dei ladri.

Ricevere una lettera che sembrava una multa, invece era il saldo dei punti patente, 23, non ci si crede.

Mettere in vendita la tua macchina che ormai ti costa troppo…sapendo già come spenderai tutta la somma.

Chiamare la tua amica che non senti da tempo e trovare occupato…perché lei stava chiamando te.

E voi?