Poveri papà moderni.

Quando arrivano davanti a scuola hanno quell’andatura incerta, irregolare. La si confonde con uno zoppichio dovuto a quel continuo chinarsi verso il basso per sentire i figli che gli parlano, ma sono proprio loro che sono incerti.

A un primo sguardo sembra si muovano con fare sicuro, con movimenti secchi; molti hanno il più piccolo sulle spalle, per fare prima, e il più grande per mano. Ma mentre attraversano da un marciapiede all’altro è facile coglierli in fallo. Hanno quell’attimo di lucidità negli occhi dove il loro neurone “maschio” si chiede cosa diavolo ci facciano lì. Alle prese con grembiuli da infilare merende da controllare.

Poi, come chi cade per terra e si rialza al volo nonostante la culata dicendo “NON MI SONO FATTO NIENTE” per evitare la figuraccia, allo stesso modo rientrano dentro questo nuovo schema che gli è stato imposto dai tempi moderni. E a cui sommessamente si sono dovuti adeguare per non essere bollati come “retrogadi, misogini, maschilisti”.

Ma la mattina, le poche volte che non ho fretta anche io, mi siedo un attimo sul motorino prima di ripartire e li guardo arrivare e, niente si vede proprio che navigano ancora a vista. Questa prima generazione di papà moderni, che proprio non si capacita di quello che sta facendo.

Potrei classificarne almeno 6 tipi ma i miei preferiti sono due: i papà delle femmine, e i papà sportivi.

I primi, i papà delle femmine, hanno quel sorriso rassegnato sul viso, e un amore sconfinato nel cuore, mentre aggiustano la gonna di tulle e fanno la coda di cavallo alla figlia; che vorrei tanto abbracciarli e dire loro: “vai ti prego, vai, lo faccio io, non lo dico a nessuno. Vai a farti una birra alle 8 di mattina parlando di tette e con rutto libero, che non posso guardarti mentre fai tutto questo, mi piange il cuore a pensare alle volte che avresti voluto semplicemente tirare due calci a un pallone o meglio ancora, fregartene del tutto e startene in mutande sul divano”. Mi viene un pò da proteggerli, forse perché il mio, che è un papà di femmine, non c’ha mai capito un cavolo di code da cavallo e gonne e tulle. Ma per sua fortuna ai tempi non era necessario partecipare alla vita dei figli, e in effetti non ricordo grandi accompagni da piccole (neanche di mia madre per la verità, ma questa è un’altra storia).

Gli altri, i papà sportivi, eroi personali dei propri figli, credono di aver trovato la quadra facendo cose con i propri figli e li cogli in fallo ancora più facilmente. Nel preciso instante in cui il nano malefico chiede qualsiasi cosa più complessa di cibo o tecniche sportive. Perché questa cosa del parlare, di farsi delle domande e dare anche delle risposte sensate mentre sali le scale della scuola, magari alla semplice domanda, “papà ma Dio esiste?” – che te la fanno sempre mentre corri da una parte all’altra e spiazza madri e padri di ogni genere- ecco al papà sportivo, questa cosa di dare un senso alla vita per la quale loro stessi il senso non lo hanno mai trovato, lo fa crollare in ginocchio. Lo vedo che si accascia dentro e vorrebbe solo girarsi e cedere le manine che tiene strette – al limite della sopportazione del bambino che passerà la giornata a massaggiarsi – a una qualsiasi delle mamme accanto.

Anche stamattina me ne stavo lì a pensare a quante cose un pò “ridicole” abbia prodotto l’emancipazione femminile e i poveri papà moderni sono una tra queste. Per carità, non che non sia una manna dal cielo tutto questo dividersi i compiti , è solo che a loro poverini, bisogna dirlo, questo ruolo viene proprio una schifezza.

Non mi resta che sperare che i miei di figli (maschi) diventino padri un pò più partecipi del mio, ma anche un pò meno di quelli di adesso, che la coda di cavallo è una cosa che non gli verrà bene mai, nei secoli dei secoli 🙂

Di quelle volte che faccio cose fuoriluogo con soddisfazione.

1001004005749934Ci sono volte che a dispetto di tutto e di tutti, ho come un senso di fierezza che mi accompagna per qualche ora. E mi lascia un ghigno sulla faccia, come adesso che scrivo al volo questo post facendo finta di essere concentrata su una cosa di lavoro.

Sono quei giorni in cui faccio cose mandando a quel paese il “politically correct” che un po’ ci ha rotto le palle.

E’ successo questa mattina, quando indolente non mi sono alzata dal letto all’ora stabilita, ho supplicato in aramaico LUI di portare entrambe i nani a scuola, mi sono girata dall’altra parte e mi sono rimessa a dormire.

Peccato che dopo un’oretta di beato sonno mattutino è squillato il cellulare, e no, non era l’ufficio, era la scuola, quindi ho dovuto necessariamente rispondere.

SCUOLA: “Signora buongiorno, Lei si ricorda che oggi aveva segnato che sarebbe ventuta a leggere ai bambini?”

IO: ” Ah emmm argh beh..”

SCUOLA RISATA:” Eh lo sapevo che si era dimenticata, che fa, ce la fà oggi? Così so come organizzarli”

IO: “ah emm argh beh sì ok arrivo tra 30 minuti”

E questa è una delle mie attività preferite: mi lancio per mero senso di colpa, o emulazione delle mamme TOP,  in attività extra per i figli, di cui puntualmente mi dimentico data e l’orario, ma soprattutto OGGETTO. Così  stamattina mentre cascavo dal letto al bagno cercando di darmi una parvenza di decenza, ho spremuto le meningi come mai in vita mia, per tentare di ricordare cosa fosse questa attività della storia da leggere. Ma senza successo.

Il lavoro però ti insegna l’arte dell’improvvisazione quindi prima di uscire ho associtao la parola lettura alla parola libro e ho preso un Beatrix Potter originale (che va tanto di moda ‘sto periodo) e me lo sono infilato in borsa.

Arrivata a scuola un guizzo: “cazzo il laboratorio di lettura”. Ovvero mamme TOP che ad inizio anno propongono di rimpolpare la libreria dell’asilo comprando dei libri da una lista ben precisa per poterli leggere ai bambini e poi regalare il libro alla scuola alla fine del simpatico siparietto.

Così sono entrata, sperando di poter leggere il libro di qualche altra mamma fica che sicuro qualcuna ne aveva comprati 2. Invece no, tirchiacce di merda, uno a testa ne hanno comprato, tutte rigorosamente seguendo la lista assegnata.

SCUOLA: “Mamma di NANO2 vuole la sediolina piccola così sta all’altezza dei bambini?”

Quanto mi manda fuori di testa quando ti chiamano #mammadi che ormai è diventata una parola tutta attaccata…

IO: “No per carità quella grande va benissimo che ginocchia in bocca anche no”

SCUOLA: ” Sicura, perché se si mette su quela piccola è al loro stesso livello.”

IO: “mmmm NO grazie quella grande va bene.”

40 paia di occhi puntati su di me, inizio a leggere puntualizzando che questo è il libro di Peter Rabbit, quello vero, non quello dello film che hanno visto al cinema.

Le Maestre storcono la bocca, io leggo – velocemente – in modo che nessuno mi interrompa o faccia domande.  I nani, non so se per la velocità con cui leggevo una storia in effetti lunghetta (con disappunto delle maestre ovviamente per la velocità e per la lunghezza), o per l’enfasi che mettevo nelle parti relative a castigo e urla, sono stati zitti muti.

Finita la storia, si avvicinano i BBA (brutti bambini altrui) e in coro recitano: “Adesso regaliamo il libro alla scuola!” allungando quelle manine sporche per prenderlo e metterlo nella libreria di classe.

E la mia lingua stava per dire “col cacchio bambinetti miei che vi mollo a voi e alla scuola questa edizione limitata trovata a fatica..”

Mi ha salvato NANO2 urlando ” NO!!!!!!!! Quello MIOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO”.

SCUOLA:” Ma Guelfo, tutti hanno regalato il libro alla scuola…”

IO:” Amore – occhiata fulminea alla maestra della serie capiamoci immediatamente –  non ti preoccupare, mamma ha solo fatto un pò di confuzione e invece di prendere il libro che abbiamo comprato ieri per la libreria di scuola ha preso il tuo stamattina”

NANO:”Mamma, noi non abbiamo comprato nessun libro per scuola, tu eri a prendere il sole ieri.”

IO:” Ciamo amore ci vediamo a casa dopo ok?”

Nell’androne della scuola ho tirato fuori il pacchetto di sigarette, e mentre ne accendevo una un senso di soddisfazione ha pervaso il mio corpo: per l’indignazione delle maestre, per lo stupore/disappunto degli altri bambini, per la felicità/sorriso del mio che poi è l’unico che dovevo far contento, e per la figura di merda appena fatta.

 

 

Lettera a Walt 

Caro Walt,

Ho appena finito di fare la doccia e di mangiare qualcosa che davvero potesse tirarmi sù il morale dopo una giornata all’inferno. Prezzo del biglietto (del treno) andata e ritorno 15 euro.

Walt, te lo dico, devi fare qualcosa per fermare questo scempio che disonora non solo il tuo nome, ma che ti sta portando dritto dritto nella top 5 delle persone maledette da ogni genitore che varca la soglia di Disneyland Paris.

Ora, io lo capisco che i tuoi scagnozzi a Napoli proprio proprio non potevano scendere a compromessi per costruire il tuo parco europeo,  ma Walt tra Napoli e Parigi c’è mezza Europa di mezzo!

Però diciamocelo a Napoli intanto non avresti visto nessuno vestito da sci con Moonboot pelosi e giacche fluo che ti assicuro, nel parco stonato parecchio con i  colori pastello delle tue guidelines.

Nessuno a Napoli avrebbe mai è poi mai servito quella merda di cibo e quello schifo di gelato e quella orrenda accozzaglia di pasticceria. Vogliamo parlare della bellezza dei tuoi visitatori con in mano un supplì o un trancio di pizza fritta? Dei friarielli? Un cartoccio di mare? Va beh sorvoliamo.

A Napoli poi sono abbastanza certa che oltre alla fila normale e al Fast Pass (uno solo per diamine) in qualche modo avremmo inventato un biglietto ultra mega top che dava diritto a saltare tutte le file del mondo

Inoltre come in ogni posto civile che si rispetti dei bagarini avrebbero venduto a caro prezzo l’ingresso dal retro per le attraction. E i genitori avrebbero potuto vantarsi di aver trovato quello più bravo e addirittura scambiarsi i numeri di cellulare sottobanco.

Nessuna delle tue storie è politically corretto Walt!  E senza un Paperon de Paperoni che sorpassa tutti e un Gastone che botta di c… becca il mega Pass , ma che Disneyland è?

A nessun bambino per di più  sarebbe mai stata vietata nessuna attrazione per una stupida questione di cm. Ma che è? “A creatura ti pare che poteva restare fuori dalle space mountains”?

E poi vogliamo parlare della gestione dell’imprevisto alle montagne russe che oggi ha generato 2 ore ripeto 2 ore di fila? Ma che ne sanno i francesi della gestione dell ‘emergenza?  I francesi che come risposta alle invettive di chi stava in fila da ore e si è visto cacciato via, hanno improvvisato solo un semplice vaffanculo, per di più in francese perché 2 parole di inglese mai, va contro i loro i princìpi nazionalisti.

A Napoli una cosa così non sarebbe mai successa e lo sai anche tu… come minimo la fila sarebbe stata allietata da venditori ambulanti dei tuoi gadget o con una bisca improvvisata con tanto di melanzana alla parmigiana offerta dalla signora di turno. Ricorda … anni e anni di code sulla Salerno Reggio Calabria ci hanno reso più forti e più creativi.

Walt vogliamo parlare della parata di oggi? Walt!!! Per diamine; i ballerini intirizziti, bianchi come cadaveri, semi morti. E i carri? Ma vuoi mettere con quelli che avremmo potuto fare noi? Te lo ricordi si cosa facciamo a carnevale Walt?

Mi fermo qui Walt , non posso affrontare anche l’annosa faccenda di posti lasciati vuoti su navi volanti e macchinine scontro per l’ incapacità a stipare il turista in luoghi angusti (e noi lo sai siamo i re in questo), o sulla totale mancanza di controllo del personale che lavora al parco.

Per chiudere Walt te lo dico, qualcosa in tuo potere devi fare, perchè sappi che avanti così, il giorno del giudizio prima ancora che Dio si pronunci su di noi, saremo noi a giudicare te: colpevole.

Colpevole di aver creato l’ inferno in terra e ti metteremo in fila, per sempre, al freddo, sotto la pioggia , insieme ai francesi che non parlano una parola sola della tua lingua.

Con affetto, una mamma morta

Violante

Lettera di compleanno N.7 – Guelfo 4


Caro Guelfo,

Le tradizioni sono tradizioni quindi, dopo i bagordi natalizi, cominciati proprio il giorno del tuo compleanno… eccomi qui a scriverti qualche riga per onorare all’impegno preso.

Lo confesso, sono in difficoltà perché l’unica cosa che mi vien da dire sull’anno appena passato con te è “solo” una lunga lista delle cose che mi fanno arrabbiare unite alla presa di coscienza che non so assolutamente che pesci prendere davanti a un adulto capriccioso rinchiuso per sbaglio dentro al tuo corpo.

Detto questo se mi concentro ci sono un po’ di cose da 4enne che grazie a dio ogni tanto fai.

Mi piace,a volte , quando ti presenti alle 6 di mattina in camera perchè vuoi dormire con me, anche se entrando sbatti la porta e inizi a blaterare frasi sulla scomodità del tuo letto. Ma quando ti azzittisci e ti accoccoli augurandomi buonanotte  è sempre un momento magico.

Mi piace quando alla fine delle nostre quotidiane litigate, dopo le urla, dopo le punizioni, dopo il tentativo di un dialogo tra pari quando tutto, miseramente, fallisce, ti affacci alla mia porta ti appoggi allo stipite con una spalla e esclami per farmi contenta : ” e va bene… scusami”.

Mi piace quando ti metti a contrattare sul tempo ma alla fine ti stufi, tagli corto dicendo che io non sono affatto gentile.

Per il prossimo anno in ogni caso sappi che no non ti insegnerò a leggere … e sarà sempre vietato guardare i compiti di tuo fratello…mi ci manca questa. E al contrario contro il tuo volere imparerai ad andare in bicicletta, a sciare, a nuotate e a fare tutto quello che un bambino di 4 anni dovrebbe fare. 

Ti auguro amore mio che il prossimo anno ti veda meno intento a fare il grande e più felice di essere piccolo. 

Che tu voglia essere meno al centro dell’attenzione e possa imparare ad avere meno paura del mondo che tanto ti atterrisce.

Che chi ti circondanna la smetta di farti fare il giullare e ascolti finalmente il senso di quello che hai da dire, non la sua forma.

Ti auguro amore di sorridere di più e piangere un po’ meno e lasciarti accompagnare per mano, almeno da me e tuo padre. 

Ancora auguri Guelfo, che questo sia un anno magico con amore mamma.

L’invidia fatta mamma

 

Il tema posso dire con certezza che è trito e ritrito, ma oggi cospargendomi il capo di cenere vorrei fare un sincero elogio alle tante odiate vituperate mamme perfette.

E’ sì perché diciamoci la verità, ormai quello di dissacrare il mito e la figura della mamma/donna perfetta è diventata una banale scusa per noi pigre per non affrontare la vera verità sulla faccenda.

E allora senza indugi posso asserire che le mamme normodotate o pernientedotate come me provano in cuor loro un unico reale e ben distinto sentimento: INVIDIA.

L’invidia che poi mascherano per disprezzo della perfezione altrui, o peggio ancora, lo mettono in dubbio.

Invece mie care donne imperfette, dovere rassegnarvi al fatto che siete nate nella categoria sbagliata. Non c’è niente da fare. I vostri figli non saranno ben vestiti in ogni occasione, sbaglierete quasi tutto in merito alla loro educazione e vita sociale. Voi avrete sempre i capelli sporchi, e sarete sempre vestite alla berlinese (pescando vestiti dall’armadio al buio).

Voi dimenticherete continuamente le attività extrascolastiche, e tutto quel che riguarda i vostri figli per un solo e semplice motivo, non avete una marcia in più.

E potete continuare a schernirle, a boicottarle, a dichiararle false e bugiarde, ma la vera verità è che loro sono brave, e noi, NO.

Io personalemente ho due mamme perfette proprio vicino vicino, non credo di averle mai viste scomposte, ah e ovviamente hanno anche una brillante carriera, che ve lo dico a fare.

Qualche settimana fa, con largo anticipo sui miei standard, chattavo con una di loro per organizzare il natale, lei aveva già fatto tutti i regali…

PENSIERO CATTIVO #1

Spero vivamente che le mamme perfette siano colpite da diarrea fulminante e non riescano a tenerla davanti alla scuola.
Che la seconda volta succeda sui pacchetti di natale già pronti da novembre. 
Che il natale le trovi impreparate con i capelli unti lo smalto sbeccato, le calze smagliate.
Ma questo sappiamo tutte che è solo un sogno.

Of course, but maybe (cit Luis CK) – libero sfogo da prima elementare

E’ da qualche giorno che un senso di agitazione/emozione ha fatto capolino. Le telefonate dei nonni, le domande delle amiche. La preparazione della cartella. Ci siamo, mi dicono, “sei emozionata?” . Rispondo “sì sì” in automatico e cerco di ignorare la vera natura del sentimento che provo. Cerco di fare la mamma, ci provo, rassicurando il nano e raccontandogli che la scuola è un bellissimo posto, che si farà un sacco di amici. Che la sua maestra è davvero tanto gentile. Lo rassicuro. Altre telefonate, altre domande.

Ieri sera lavandomi i denti un piccolo strappo nella “idilliaca” favola che ci raccontiamo ha fatto il suo ingresso. L’incazzatura. Mi guardo nello specchio e l’unica cosa che penso è, ma porca vacca quanto cacchio sono invecchiata. Ma chissene frega del nano qui il problema sono io e solo io. Ho un figlio (due per la verità) e per di più va anche in prima elementare. Insomma una donna finita. Na vecchia.

Finisco di lavarmi i denti e cerco di cacciare i pensieri egoriferiti per fare la brava mamma e emozionarmi di felicità perchè mio figlio va in prima elementare domani. “Sii empatica almeno questa volta” penso.

Mattina, doccia, colazione, il nano è emozionato, io un pò anche.

Si veste da solo, decide cosa vuole mettersi senza chiedere consiglio. Lo trovo pronto e con denti lavati in corridoio, io sono ancora in mutande… Usciamo presto perché ovviamente mi sono ridotta all’ultimo e dobbiamo andare a compare quaderni, cartelline, colori e una  lunga serie di cose scritte su una lista che ha passato tutta la settimana attaccata al frigorifero.

Andiamo dal cinese sotto casa.

Merenda e eccoci davanti alla scuola, in anticipo penso io, invece sono già tutti lì. Passano i minuti e il cancello ancora non si apre. Il nano chiacchera con il suo amico e io cazzeggio su instagram, appoggiata al muro e penso: “ma che palle”. Mi riprendo subito sfoderando a tutti i genitori che mi circondano uno dei sorrisi migliori, quello da riunione con l’amministratore delegato. Loro sono sorridenti, elegantissimi, mi giro verso LUI (papà) e lo vedo più annoiato di me, ci capiamo al volo e ridiamo.

Cerimonia di ingresso, divisione per classi, appello, convenevoli, l’emozione se n’è andata a fan…lo 20 minuti fa, voglio solo scappare, ci sono mamme che scattano foto, papà che baciano, un sacco di gente felice che produce rumore e gridolini. Bambini rumorsi. Mi dò un contegno ma dentro sto morendo di pizzichi. Le mamme fanno amicizia, si scambiano i numeri. Io confido nel fatto che ne conosco già 2 quindi anche chissene frega. Finalmente il supplizio volge al termine – penso io – saliamo per le scale e li portiamo in classe, sono in fila per due e questo si mi emoziona perchè devono stare in silenzio.

Entrano in classe, e alcuni genitori mi spintonano per fare il video dell’ingresso, e di questi memorizzo istantaneamente le facce per bucargli le ruote più avanti nel corso dell’anno scolastico. Mi avvicino alla maestra solo per chiedere “possiamo andarcene?” Ma la mia mente elabora in un nanosecondo che sarebbe davvero brutto e quindi mi esce un “l’orario di uscita alle 13.30 giusto?” mi risponde piccata che no, è alle 13.00. Partiamo malissimo. Guardo Nano 1 , non mi cerca, sembra sia sempre stato lì, si è scelto il banco in fondo vicino alla finestra. Praticamente non starà attento mai. Mi avvicino gli chiedo se è tutto ok e mi risponde sì certo! Della serie mamma che ci fai ancora qui. Colgo la palla al balzo e me ne vado.

Finalmente sono fuori, e quella sensazione di essere assolutamente fuori posto e fuori contesto in mezzo a tutti quei genitori partecipi e sentitamente felici mi abbandona. E l’unica cosa che penso è che no, non ce la posso proprio fare a affrontare questa cosa delle elementari… con le altre mamme… interagire…preoccuparmi… io non penso di riuscire proprio a sopportare il contorno.

Ho anche un vago senso di antipatia nei confronti della maestra ma ricaccio il pensiero appena fa capolino. E mi concentro su questa cosa del politicamente corretto, che non se ne può più e vorrei poter essere libera di dire a tutti che al momento sarei felice se l’asteroide del Buondì precipitasse in ordine sparso su (a puro titolo esemplificativo):

Saviano Bastian contrario e le sue spiegazioni

Le perenni inchieste/articoli/analisi per avere donne manager

La bellissima vita glamour .. degli altri

La polemica sulla bellissima vita glamour.. degli altri

Gli eccessivi salutisti, fanatici di yoga che solo ieri erano tossici imbottiti di MDMA in cerca di rave

Le frasi ponderate

Le spiegazioni pro e contro i vaccini

Le polemiche sul tempo, sul sindaco, sul chiacchericcio

E vado avanti a fare la lista per tutto il tempo che mi separa dall’ufficio, e il mio ufficio è lontano lontano lontano.

Parcheggio chiudo la macchina e penso che mi sento proprio così, come lui…

OF COURSE…BUT MAYBE

Lettera di compleanno – tra una valigia e una mail -6

ZHo come l’impressione di essere sempre qui a scriverti, e che gli anni si stiano traformando in giorni. Ci siamo, di nuovo. Domani 6 anni.

E’ l’estate più calda che io possa ricordare, così calda che mi ricorda quella in cui sei nato tu. Facevano 40 gradi anche lì e abbiamo passato i tuoi primi giorni di vita nascoti all’ombra delle persiane , chiusi in casa in campagna, con le cicale di sottofondo e le giornate lente e pigre e … calde.

Domani si parte, in viaggio, il giorno del tuo compleanno. Partiamo per mete a me care  che spero restino impresse nella tua memoria di bambino. Ti porto dove il mondo – io penso – ha ancora profumi , colori, e sapori. Dove niente è tutto uguale, dove c’è poca plastica, e molto poco da fare.

Non andiamo per fare cose, andiamo per stare insieme, tutti insieme anche con i fratelli grandi.

Ti porto in un posto che ci rende felici a me e a tuo padre e spero che la felicità sia contagiosa.

Ieri sera correvate, te e tuo fratello, per i giardini di quartiere con un monopattino e un gelato.  Giocavate per strada, come si faceva un tempo e facevate amicizia per strada, come si faceva un tempo.

Mi chiedi sempre com’era quando ero piccola io, e poi aggiungi sempre… ” e quando era piccolo papà?” Hai ormai assimilato il fatto che si tratta di due tempi diversi i miei e quelli di papà e sai ormai che c’è sempre una versione in più.

Me lo chiedi per sapere se il mondo è meglio o peggio ora. Cerco di non cadere nell’errore di tutti i grandi, che pensano che il passato sia meglio del presente, così anche se realmente se lo penso, mi mordo la lingua e ti dico che oggi è molto più bello di ieri.

Domani partiamo, il giorno del tuo compleanno,  in viaggio.

E questi sono i miei auguri per i tuoi 6 anni:

Ti auguro, amore mio, di essere sempre in viaggio il 4 di agosto,  magari da piccolo ne soffrirai un pò, ma poi da grande ne sarai felice come lo sono sempre stata io.

Ti auguro di essere in viaggio per posti speciali alla ricerca di quella luce un pò gialla che a me piace tanto, per posti dove non c’è niente di che da fare ma c’è la vita da vivere.

Ti auguro amore un anno di vita normale, come quello passato, dove le delusioni e le grandi felicità sono andate di pari passo.

Ti auguro amore un mare di ricordi felici, che sbiadiranno nel tempo ma ti lasceranno da grande una sensazione di pace.

E in fine amore quest’anno ho una richiesta; quando non ti guardo, travolta da tuo fratello, dammi un calcio e ricordami che ci sei, perché anche se lui è quello rumoroso, anche se lui è quello che detta “purtroppo” gli umori della giornata, lo so che sei tu quello che più ha bisogno di tutti noi, o forse, onestamente parlando, io di te.

Domani si parte. Buon compleanno.

Con amore Mamma

 

 

 

 

 

Giugno è il nuovo Dicembre

Ogni anno si fanno nuove scoperte, nuove conquiste, il che assomiglierebbe ad una frase positiva…

Le scoperte della vita da mamma, al contrario, sono peggio di un invito della suocera a cena di sabato sera. Una martellata sull’alluce per capirci. Adesso, con entrambi i figli a scuola ho scoperto ad esempio che Natale e Dicembre, non sono per forza le parole più brutte del vocabolario Italiano. Ne ho di nuove da inserire; insieme al banalissimo Saggio/Recita e Festine/Merende la nuova parola è GIUGNO.

E pensare che un tempo Giugno era il simbolo della felicità, della libertà, della fine della scuola, dei primi bagni, dei week end lunghi, dei ponti, dei mini viaggi, sì anche degli esami all’università, del programmare le vacanze. Giugno era bellissimo.

Poi 2 figli sono andati a scuola e la mia strategia di madre assente, svampita, asociale, adottata con successo da settembre sta vacillando per oscure forze esterne che mi assillano.

Sul dramma di assistere a una recita/saggio sono stati scritti poemi epici che non potrei mai eguagliare, ma per i figli ok si fa…, stessa cosa sulle milioni di feste e festine che popolano le agende di tutte le mamme.

E io su queste, sulle maledette feste, ho adottato un metodo standard. Ai figli, se la festa viene annunciata in formato digitale, non ne ho neanche mai accennata l’esistenza. Fine del problema. Le mamme ormai per fare sfoggio di modernità e tecnologia non consegnao più biglietti di invito cartacei (fatta eccezione per qualcuna che a quel punto diventa la mia eroina) per cui la mia tattica era perfettamente collaudata.

Fino all’arrivo di Giugno.

In questi giorni non so perché, mi  sembra che la concentrazione di nati sia superiore del 200% alla media del resto dell’anno. Così le agende dei due nani hanno previsto e prevedono un fitto calendario di feste di fine scuola, brunch domenicali con le maestre, feste di compleanno nei parchi, saggi comprensivi di “compra il pantalone e la maglietta di quel colore”, corsi di varia natura e genere, aperitivi, e perché no anche pizzate serali. Roba da far inviadia anche agli eventi in agenda della FERRAGNI.

Adesso, per adempiere a tutte queste faccende, ho adottato il metodo, #confondiliescappa. Così un buon 30% è stato volutamente e/o accidentalmente dimenticato. A un 30% ho partecipato arrivando in ritardo e andando via prima e il restante 40% è quello che ancora mi aspetta da affrontare.

Nano 1 più cosciente dello scandire del tempo ha iniziato a fare discorsi strani tipo: “mamma perché tu non fai come le altre mamme e vieni con noi/ci porti dappertutto?” a cui ho prontamente risposto come da copione ” a me di quello che fanno gli altri non importa niente; se gli altri si buttano giù da un ponte tu fai uguale?” – non mi sembra che abbia apprezzato la risposta ma almeno la faccenda si è chiusa lì.

A nulla sono valsi i miei inutili tentavi di eludere le altre mamme, compreso un poco apprezzato abbandono della Chat di scuola. Sì lo so, è un affronto che non avrei dovuto fare, ma quando ho cliccato su abbandona il gruppo ero felice come se avessi finito le sedute dell’anonima alcolisti e mi avessere detto, sei libera, da oggi in poi puoi fregartene di qualsisi vitale decisione si debba prendere all’interno del gruppo. Niente più menù da approvare, lavoretti per cui portare materiale, drammi scolastici per leggere sbucciature o affacci dalla finestra del piano rialzato della classe.

Niente auguri ad ogni mamma , niente incitamenti , niente gridolini faccette o emoji di merda. Niente. Silenzio. Bellissimo.

Sì lo so, non dovevo farlo, perchè adesso le mamme hanno iniziato a scivermi in privato e io – che ovviamente non avevo registrato un numero/nome che fosse uno – ricevo messaggi da sconosiute che non so chi siano e che mi fanno domande di ogni genere a cui rispondo sistematicamente con un : “mi spiace guarda è un periodo al lavoro drammatico, non ce la faccio”.

Ma ormai sono fuori dal gruppo, e il gruppo me la sta facendo pagare. Ho così tanta paura che li porto a scuola in orario (anzi presto) per eludere il capannello che si forma sulle scale. #mammeagrappoli armate di messa in piega perfetta con 40° all’ombra, doppio cellulare, tacchi alti, e agenda filofax per impegni dei loro figli.

GIUGNO scritto così, è la mia nuova parolaccia preferita. Un’insulto a tutto tondo da usare senza parsimonia in occasioni varie: In fila sul raccordo, quando ricevi la mial che non volevi ricevere, contro i colleghi odiati. SEI COME GIUGNO, PEGGIO DI GIUGNO, A QUESTO GIUGNO GLI FA UN BAFFO.

E mentre ascolto il PIOTTA e HIT MANIA DANCE 1999 in macchina non mi resta che trattenere il fiato e aspettare DICEMBRE.

Una settimana da Dio – treenne version

Ci ha provato con la forza. Buttando il fratello grande giù per le scale. E niente.

Ci ha provato con le moine, ma era evidente che le sue fossero costruite e finte.             Non è il tipo.

Ci ha provato cercando di corromperci con ricatti di ogni genere, minacciandoci di non essere invitati alla SUA festa di comleanno; addirittura un “fatti i fatti tuoi” che in confronto Raz potrebbe impallidire. E niente.

Poi lunedì gli si è presentata l’occasione del secolo e lui, nella notte, matite e pastelli alla mano con fogli Fabriano A4 appena comprati ha progettato il suo piano.

Con una congiuntura astrale che mai più gli capiterà ha preso possesso delle prime linee.

ELEMENTI CHIAVE:

Madre a letto senza sensi, senza capacità di parola e controllo.

Fratello KO anche peggio della madre.

Settimana di impegni sociali che includevano: gita di classe e saggio di fine anno.

Un mix letale per il fratello maggiore costretto a casa, un piano perfetto per prendere piede a scuola e soprattutto agli occhi del mondo.

E lui non s’è fatto scappare l’occasione.

Ha mangiato quello che voleva, perché io non potevo controllare e il povero padre era intento a fare da infermiere. E’ salito su quel pulman vestito come un trovatello, cappello con visiera dritta, unghie lercie e senza battere ciglio è passato avanti a tutti gli altri bambini più grandi riuscendo nell’ordine a:

  • cantare solo quello che voleva lui nel tragitto da scuola alla fattoria didattica e ritorno obbligando il resto dei 60 bambini a fare SOLO il controcanto di DESPACITO.
  • cambiare il percoso stabilito per la visita alla fattoria didattica dai gentili accompagnatori con due semplici mosse; apertura a caso delle gabbie degli animali, lancio di cibo non autorizzato agli stessi. Ha poi sferratto il colpo finale della giornata “blastando” i bambini più grandi che avevano paura delle caprette libere dandogli da mangiare senza paura.

E siamo solo a Martedì

Nelle notti successive ha sperato ardentemente che il fratello ed io restassimo acciaccati a casa per continuare a mangiare cose a caso, non lavarsi, vestirsi da orfanello.

E’ stato accontentato in parte.

La mamma si è dovuta alzare dal letto per curare il più grande e le è cascato l’occhio sulla mise intervenedo subito sull’accostamento verde fluo + maglietta invernale di spiderman più calzino spaiato giallo.

E sempre trascinata dal senso di colpa si è recata giusto per scrupolo al saggio finale di ginnastica (fratello assente) sapendo che il treenne come al solito si sarebbe rifiutato anche solo di entrare in scena.

E lì ha calato l’asso.

Vestito da mini Aladin, a petto nudo, è sceso le scale tronfio e fiero sfidandomi. Si è piazzato in prima fila (posto a lui assegnato tecnicamente solo per i primi 2 minuti della coregrafia) e da lì non è più mosso.

Ha eseguito ben 20 minuti di scentette, esercizi, balletti, marce e mossettine senza sbagliare un colpa. In effetti era molto goffo, ma così seriamente impegnato che la faccenda è passata in secondo piano.

A nulla sono valdi i richiami dell’insegnate a prendere il suo reale posto che alla fine si è arreso anche lui.

Lui come un sol uomo, al centro dell’attenzione come mai in vita sua. Sporco da 5 giorni, mezzo nudo e senza il fratello. Lui in primo piano nella foto di tutte le altre mamme, il suo nome ripetuto fino allo sfinimento da tutti gli insegnati e io madre, devastata dall’influenza, mia e dell’altro, arresa all’evidenza.

NON credo che io riuscirò a vincere questa guerra.

Questa è stata la sua settimana da DIO.

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Quello che (alcune) mamme pensano ma nessuna dirà mai

De Gregori dice che “pioggia e sole abbaiano e mordono, ma lasciano, lasciano il tempo che trovano”… De Gregori beato lui è uomo.

Sì è vero la canzone parla di amore… ma fare figli se non è amore cos’è? Pioggia e sole quindi dicevo, che si abbattono su chi diventa madre una, due, coraggiosamente tre o follemente quattro volte – dopo 4 per me è pazzia pura – lascia dei segni indelebili e diciamocelo, orrendi.

Quando la tempesta passa, e i tuoi figli iniziano ad avere meno bisogno di te, ricominci a guardarti allo specchio e spesso quello che vedi non è proprio un granché, una versione sbiadita e arruffata di ciò che eri prima di loro.

Mentre in casa tua infuriava la tempesta e tu madre “standard” e non Wondermamma – quelle giocano proprio un altro campionato a cui tu non sei ammessa – dicevo, tu madre standard ti ritrovi a guardare i pezzi che ti sei persa.

Il tuo fisico ha ceduto, non è più quello di prima, grazie al cavolo, ti risponderanno tutti, hai fatto i figli, beh vi dò una notizia, la faccenda non mi consola affatto. Sì, avete capito bene, la faccenda non è affatto consolatoria, anzi, un po’ quelle faccette che si affacciano ogni mattina le vorresti prendere e metterle davanti alle loro responsabilità facendogli notare che sono loro la causa della tua pelle flaccida, della tua pancia tonda, delle tue rughe.

E  la cagata che ti dicono, eh però l’amore dei figli ripaga tutto, è per l’appunto una cagata.

Ma in fondo quella fisica è la parte meno grave, mentre la tempesta infuriava e tu non riuscivi come le Wondermamme  a stare dietro a tutto , hai perso altri pezzi;

hai perso amiche che non sei più riuscita a vedere, e giustamente loro a un certo punto non ti hanno chiamato più. Certo molti ribatteranno, beh allora non erano vere amiche. Invece no lo erano, ma le amicizie a senso unico non funzionano quindi giustamente loro a na certa, sono andate oltre. E questo è Orrendo.

Hai perso le tue routine di bellezza, e adesso che inizi ad avere più tempo, magari una due volte alla settimana per farti che ne so… una maschera, hai perso il gusto di dedicarti del tempo…

Hai perso pezzi del tuo guardaroba, e sì anche pezzi di te. E questo è Orrendo.

E non puoi tornare indietro a prenderti nessuna di queste cose, devi andare avanti, e andare avanti, lasciando un sacco di cose per strada, è Orrendo.

Hai perso il tuo nome. Ormai tu sei solo la “mamma di” e pure la bidella ti saluta ogni mattina con un ciao mamma. Oppure sei Signora; anche per il barista che un tempo ti diceva CIAO. Il tuo nome, anche il mio che mi ha sempre fatto schifo, scompare, e non torna più.

E con il tuo nome hai perso un sacco di cose futili, e le cose futili per definizione loro, sono cose bellissime. Sono cose in più, in più rispetto alle cose basilari. E’ sull’ IN PIU’ che gira il mondo. E’ l’ IN PIU’ che ci rende più felici, più leggeri, più incoscienti, più superficiali… più BAMBINI. Come quando da piccolo chiedevi Piu’ gelato, più in alto con l’altalena, più veloce il giro tonto, più cioccolata, più giochi.

I figli ti levano il tuo “IN PIU'” e se lo prendono loro, si prendono loro il tuo IN PIU’. E questo è orrendo.

Così stasera ai miei ho detto niente gelato. Me lo sto mangiando io il loro in più… per una volta.