Post card from Paris

E questa è un’altra delle cose che mi potete invidiare. Le cartoline di Cocca*.
Voi quant’è che non ne trovate una della vostra buca delle lettere?
Cocca, ogni volta che parte, fosse anche la gita di un giorno a Frascati, me ne manda una.
Ora la faccenda delle cartoline è molto seria.
Nel senso che la scelta dell’immagine ritratta non è mica casuale. No affatto. Ecco la cosa che Cocca odia di più è la cartolina “alternativa”, quella finta poetica, quella che ti fa vedere lo scorcio nascosto. L’immagine simbolica.

Cocca se va a Parigi, per la milionesima volta credo, mi manda la Tour Eiffel e mi scrive in una grafia pressoché indecifrabile che si sente una piccola provinciale in trasferta.
Lei che invece di fare shopping a Galeries Lafayette, va all’istituto di cultura Italiano per una tesi su…non so che cosa…
Così ricevo Buckingham Palace per Londra, la foto della nave da crociera su cui è andata a fare la costa portoghese, perché questo finto snobbismo, questo voler essere alternativi a tutti i costi, anche quando si viaggia, è pressochè ridicolo ai suoi occhi.
Agli occhi di chi, ha visto Angkor Wat prima che riaprisse al turismo, a chi viste delle mie foto di una vacanza ha pensato che non poteva mica non andare in Vietnam a vedere la Baia di Halong (ho una cartolina anche di quella).
Ma la vera verità è che quando torno a casa e trovo nella buca delle lettere un’altra sua cartolina da aggiungere alle migliaia che ho già. Mi torna il buon umore.

E’ una lezione di vita che mi ricorda, quante cose non so, quanto questo sentirsi cittadini del mondo e parte di un mondo globalizzato, sia un atteggiamento saccente e supponente, perché poi qualcuno che ne sa un milione di volte più di te, e ha visto vissuto, conosciuto, e studiato più di te, abbia l’umiltà di sentirsi un pesce fuor d’acqua quando parte.

Quindi sull’onda dell’ottimismo ecco qualche info, libro, spunto Romano.

Prima di tutto, il libercolo del weekend è stato (nel mio caso per la quinta o sesta volta) – Il Ballo, di Irene Nemirovsky. Rivaluterete vostra madre, qualsiasi cosa vi abbia fatto. 83 pagine di una cattiveria impressionante. Bellissimo.

La mostra da vedere (io ancora non sono andata) Robert Capa e le sue foto sullo sbarco degli alleati tutte le info qui

Da comprare per donne di ogni età, razza, religione.
Per le 30 volte al giorno in cui cercate disperatamente convinte di averle/lo/li perse.
Guardate qui.

E il buon proposito del lunedì: frequentare un corso di storia/arte/scrittura creativa/ insomma qualcosa che mi faccia sentire meno ignorante all’ UPTER. Chi viene con me? 🙂 #nonlofaròmailoso

Buona settimana.

* Per maggiori info su Cocca cliccate qui 

Turchia Resoconto : capitolo secondo

Per chi si fosse perso il primo capitolo cliccate qui.


Dunque che dire, oggi lunedì 2 settembre dichiaro ufficialmente morta e chiusa la stagione vacanze e, per quanto mi riguarda, è la fine anche della vita sociale (nella più estrema delle accezioni vale a dire alcol droga e ore piccole) per almeno i prossimi 5 mesi. AZZZZZ
Partirei col dire che se non avete ancora avuto il vostro incontro ravvicinato del terzo tipo con la bilancia…non fatelo. Digiunate per almeno 72 ore e poi se proprio dovete, date una rapida sbirciata a quelle maledette cifre.
Come potete dedurre, il mio di incontro, questa mattina, non è andato proprio benissimo.
A momenti svengo e se non fosse stato per una lista infinita di cose da fare entro le 9.30 credo mi sarei di nuovo buttata a letto (a pancia in su purtroppo ormai) singhiozzando disperatamente con il cuscino sulla faccia.
E’ evidente che la mia temporanea condizione di balenottera mi rende sensibile a taluni argomenti, ma che ci volete fare, è l’età.
Ecco, ecco cosa mancava nel resoconto capitolo primo.

Nano e io infatti abbiamo compiuto gli anni.
Nano a inizio agosto io a metà.
Nano ne ha fatti DUI come dice lui

Io invece come ogni anno da molti anni a questa parte 18.
La faccenda questa volta si è fatta parecchio più complicata purtroppo.
Solitamente infatti aiutata da una data nefasta (ringrazierò tutta la vita però per questo) la mia meravigliosa ricorenza passa inosservata ai più, e chi malauguratamente invece se ne ricorda, non ha grandi possibilità di interloquire con la sottoscritta che guarda caso si trova sempre in posti senza copertura rete.
Ecco, quest’anno invece il telefono prendeva, prendeva benissimo, e ogni bip era come una pugnalata alle spalle, a ricordarmi un altro anno passato.
Io, chi festeggia il compleanno, non lo capisco, o meglio, lo rispetto, ma mi sfugge il motivo del festeggiamento.
E’ perché siete sopravvissuti un altro anno?
E’ una scusa come un’altra per alcolizzarvi? (questa è validissima)
O è puro narcisismo?

Perché se ci riflettete bene, il compleanno altro non indica fuorché un altro anno che è passato, altro tempo in meno, una ruga in più, un’occasione mancata da aggiungere, altri giorni, ore che così sfumano.
Sì lo so è deprimente, ma cercate di capire, oggi come molti di voi sono seduta in ufficio, dopo giorni di sole e mare e assenza di nani.

Ed è stata quell’assenza a ricordarmi quant’è meravigliosamente bello non averli tra le scatole, pensare solo a se stessi. Mangiare salati e sporchi alle 10 di sera senza passare da casa. Dormire a qualsiasi ora della notte, ma soprattutto del giorno. Mangiare senza dover dividere niente, senza nessuno che dice: ” io io io io”.
Perché diciamocelo, i bambini, anche i propri, sono una gran rottura di palle, soprattutto in vacanza.
E va bene l’amore, va bene che li hai messi al mondo tu, e li amerai sempre. Ma senza, soprattutto in vacanza…si sta na meraviglia.

Per la cronaca ecco un pò di indirizzi da segnarvi per la Turchia:

ISTANBUL –
Ristorante MIKLA 
Foto ricordo – Giycek 

CAPPADOCIA
Ziggy cafè

Libro dell’estate letto: Middlesex di Jeffrey Eugenides

Resoconto AKA Turchia la resa dei conti

Intorno a me ora, solo silenzio.
In lontananza rumore di macchine, di barche e di mare. Davanti il blu.

Intorno a me ora, solo silenzio.
Sono viva, sopravvissuta, mio malgrado alla prova fatidica.
In viaggio con l’accollo.
In Turchia con da 0 a 12 per un totale di 3 minorenni, che per comodità chiameremo adesso 0 -12 ABC (in ordine di età crescente).
Non saprei da cosa iniziare, potrei dire che:
La Turchia é un posto meraviglioso, da girare molto più che 10 giorni.
La Turchia è un posto dove si mangia meravigliosamente bene.
La Turchia ha tutto quello che serve per la riuscita di un viaggio itinerante.
Ma mi limiterò in questo primo capitolo a dire che:
Io combatto strenuamente quelli che “lenostrevacanzesonosempreperfette” ed è per questo che vi dico che LUI il primo giorno a Istanbul dopo aver fatto il giro delle attrazioni turistiche e essersi caricato 12 kg di rottura di palle lagnosa sulle spalle per le ripide strade di galata sembrava avesse corso la maratona di NY o meglio ancora che qualcuno gli avesse tirato una secchiata d’acqua in faccia. È io pensavo morisse.
Potrei aggiungere la ricerca spasmodica del ristorante X poi trovarlo chiuso
La macchina fotografica lanciata giù per le montagne della cappadocia da 0 -12 A
I piedi strascicati le facce appese e le lagne di 0-12 B e C
Il milione di volte che ho sentito la frase ” papaaaaa ma cheeee facciamoooo adesso?…” Quel papá strascicato annoiato che ti verrebbe da appiccicarli al muro e lasciarli li tutti e tre a morire di fame.

Ma quanto sopra, ne sono certa, é stato lo scotto da pagare per:
Una cena spettacolare al MIKLA di ISTANBUL
Un bagno in acque turco/greche pensando di avere una chiappa in Europa e una in Asia
La soddisfazione di vedere 0-12 A fare, all’ennesimo Aereo preso, i controlli di sicurezza da solo.
Le mongolfiere a Goreme
Un’ altra cena spettacolare a KAS
La faccia di 0-12 ABC sul trattore in mezzo al nulla della cappadocia.
Mi sarei persa il gusto delle baked potatoes appena fatte in piazza, e la consistenza dei miei nuovi parei turchi.
Mi sarei persa tutti gli attacchi di nervi arrivati a fine giornata, e la voglia di ricominciare da capo la mattina successiva.
Avrei perso l’occasione di guidare una Fiat Dobló senza freni, di viaggiare come pezzenti 15 ore per poi arrivare alla meta senza luce senza lettino, senza più forze.

E la faccia felice del nano in mezzo alle onde alte 3 volte lui o con kebab in mano.
E la mia faccia esausta, e la mia panza fastidiosamente in mezzo.
La resa dei conti quindi vede una schiacciante vittoria del comparto 0 – 12 verso quello adulto.
Una solenne promessa di non ripete l’esperienza prima dei prossimi 15 anni, e senza ombra di dubbio una soddisfazione incredibile per essere riusciti a tornare tutti, vivi, stremati e contenti.
Intorno a me ora, solo silenzio. É iniziata la vera vacanza. LUI ed IO reduci ma soprattutto felici, perché nessun minorenne é qui.

Meditando la Turchia con l’accollo

Di solito, si parla di una vacanza al rientro.
Per me invece la vacanza ha un fine terapeutico soprattutto prima.
Le differenze tra una vacanza e un viaggio, nel mio immaginario e nel mio vissuto, sono molto molto molto nette. La terapia, per me che risparmio, e poi spendo, solo e unicamente per partire, inizia molto prima della partenza.
Così in questi giorni di grigio, e freddo, e di disperazione materna (venerdì avevo un aperitivo una cena e una megafesta, ma il massimo che sono riuscita a fare è stata andare a dormire alle ore 10.00) organizzare un “giro” in Turchia per l’estate m’è sembrato un buon inizio.

Oggi, lunedì, che sono a buon punto mi chiedo però.
E quindi parto, ma per un viaggio? O è una vacanza? E la differenza la potete scoprire qui.
E non lo so, se sarà una vacanza o un viaggio.
E’ sicuramente un giro più organizzato. Viaggiamo con quello che a Roma si direbbe “accollo”.
Sì il nano più altri 2 totale 3 nani.
E sono già sicura che arriverà il momento in cui guarderò LUI supplicando di buttarli giù dalla rupe.
Lo so. Ma è mia ferma intenzione andare oltre questo dogma tutto Italiano che con i nani non si può viaggiare, ma al massimo andare in vacanza, al mare.
Perché poro pupo, se no si stressa.
E quindi parto, non per un giro della foresta amazzonica certo, ma parto comunque per un giro, nel senso che vado a vedere delle cose, mi muovo, mangio cose diverse, e dormo in posti differenti.
E già questo mi sembra un grandissimo passo avanti rispetto a “andiamo 2 settimane al mare lì così ci riposiamo e dormiamo” (anche no, un altro anno così no)
Detto questo sono a buon punto:

Partiamo a Agosto – con milioni e milioni di altre persone.

Istanbul – 3 notti (2 giorni e mezzo) , noi ci siamo già stati, fa un caldo non indifferente, così facciamo i BASICS per i nani, e un paio di cose nuove per noi e stop.
Cappadocia – 4 notti a Goreme con affitto auto
A sud di Marmaris da qualche parte al mare per chiudere.

Per gli ultimi giorni siamo ancora in bilico.

Punti fissi:
Andare in albergo non conviene più, neanche qualitativamente, ma soprattutto economicamente.
Abbiamo preso appartamenti sia a Istanbul, sia in Cappadocia.
Pegasus Airlines è il TOP, costa due lire e ti risparmi ore di pianti in macchina e milioni di “quanto manca”.

PS  Ho scritto il post per info e suggerimenti, fatemi sapere.
PPS per chi fosse interessato alla stessa meta…i biglietti aerei da Roma al momento sono mooolto convenienti

In visita a Cocca: Elezioni, Montanelli, Brueghel, Rumiz

Quando so che devo andarla a trovare senza neanche accorgermene la mia usuale pratica di abbigliamento mattutino (cadi nel armadio in mutande ed escine coperta) viene sostituita da una stressante seduta di scelta del vestiario che possa risultare quanto meno decorosa.
Così questa mattina, oltre a aver messo uno strato in più di crema idratante e un pò di fard ho anche un abbigliamento “ragionato”.
Non potevo non andare, vista la giornata politica di ieri.
Faccio sempre la stessa strada quando vado da Cocca perché parto dall’ufficio quasi sempre, e andando a casa sua passo per uno dei punti più “popolati” di Roma.
Un inferno di donnette intente a comprare qualsiasi cosa abbia una marca ben sparata sul capo, strass, o brillantini.
Mi innervosisco ogni volta, e poi suono al citofono, e mi chiudo alle spalle un portone che più pesante di così si muore.
E finalmente…silenzio.

C’è il rumore della fontana nel cortile interno, che è sempre ghiacciato, umido, buio.
La differenza di temperatura tra fuori e dentro mi ha sempre impressionato, anche da bambina.
D’estate, sembra di entrate in un ghiacciatissimo negozio newyorkese, di quelli che ti devi mettere il golf appena sorpassi le porte scorrevoli per evitare che ti venga il <>.
Ma ormai sono preparata e in automatico faccio il gesto di aggiustarmi sciarpa e guanti, prima di entrare. Che se ci penso, vista dal di fuori sembro una pazza. Davanti a quell’enorme portone, aspettando che scatti la serratura, che mi aggiusto come se stessi uscendo, invece, invece entro.
Il cortile è stretto e lungo e prima di arrivare all’ascensore la mente si è svuotata delle immagini delle donnette e del rumore.

Cocca mi apre la porta, e come credo tutte le persone di un altro tempo lo fa letteralmente.
Aprendo la serratura. Non ho ma visto quella serratura aperta.
Entro, e l’odore della mia infanzia mi travolge, quella luce soffusa che non ho mai più trovato in nessuna altra casa, quel color rosso/arancio che entra dalle finestre.
A casa mia c’è una luce molto più bianca, più forte, la mattina, mi invade. Invece da Cocca anche la luce è più educata, chiede il permesso di illuminare, ne troppo, ne troppo poco.
Ci sediamo. Ha cucinato per me le cose che mi piacciono.
Ha anche comprato i lamponi, che amo, e che mangio solo lì. Solo lei me li compra, io da sola non lo faccio mai. Al posto dell’acqua la centrifuga di mela e carota (che mi fa schifo) ma che devo bere per non invecchiare troppo in fretta.
Mi concentro e sento le mie cellule e i miei neuroni attivarsi finalmente, sto parlando e sto pensando, sto interagendo, con una donna che nonostante l’età, va molto più veloce di me, e mi costringere a seguirla,a rincorrerla.
Non è arrabbiata per il risultato delle elezioni,mi dice, non è indignata, non è furente (quella sono io).
E’ dispiaciuta. Mi spiega che è stato un profondo dispiacere, lo fa toccandosi il cuore e la pancia, e in un attimo per la prima volta nella vita, comprendo fino in fondo il significato della parola “dispiaciuta”.
Cocca è sinceramente dispiaciuta per gli italiani, per il paese.
Perché, mi dice, in fondo io amo il popolo italiano, moltissimo.
Ricordiamo allora le parole di Ojetti e Montanelli in una lettera scritta da Montanelli.
E Cocca mi racconta, di lui di Montanelli, come io potrei parlare del tabaccaio sotto casa.
“Non era uno stupido, in fondo” mi dice.
Lo dice come si direbbe “non è brutto” di un comodino.
Ed è un giudizio sincero, pulito. Ma così brutale che non so cosa rispondere.
Ho una pessima memoria per i nomi, per le cose che mi raccontano, ho una pessima memoria in generale, mi dimentico anche gli avvenimenti della mia vita.
Il passato per me è passato, non lo ricordo.
Ci sono persone che ricordano ogni minimo dettaglio (LUI) io rimuovo, seleziono.
Perdo la cognizione del tempo e dei luoghi.
I miei ricordi sono per lo più rimaneggiati, sia i belli che i brutti.
Non sono reali, sono esattamente come vorrei ricordarli.
E quando Cocca parla, mi sforzo di ricordare quello che dice e soprattutto come lo dice.
La memoria orale, tramandare oralmente, è una cosa molto difficile.
Glielo dico e lei mi risponde:
“Che ti importa di ricordare giusto, tu ricorda come ti pare, come l’Iliade no?”

Ho mangiato i lamponi, e mentre li sto per finire, mi rendo conto che devo ancora bere la schifosa centrifuga, la mando giù che manco l’antibiotico, e finisco i lamponi.

Cocca parla, di Monti, di Grillo che non ha votato ma che non può essere considerato un voto di protesta come dice il telegiornale. E io mi agito sulla sedia, infervorata dalla conversazione.
Mi corregge le percentuali di vincita delle regioni. Le sa a memoria, tutte e 21.
Poi d’improvvisso mi regala una camicia per il nano una calamita da frigo della mostra di Brueghel che non ho ancora visto e una pagina strappata da Hòla con un bel vestito di Armani. Così…perché ” sono i piccoli regali che rafforzano le amicizie”
Mi dice di farmelo rifare uguale da una sarta il vestito di Armani. Che mi starebbe benissimo.

Il tempo fuori è fermo, ne ho la certezza, e la luce continua a chiedere il permesso di illuminare il salotto, pieno di foto a colori e in bianco a nero, e di quadri antichi e di foto di arte contemporanea.
Mi racconta dell’ordine che ha fatto da Ikea, on line, e che domani le consegneranno tutto.
Le accendo le sigarette, perché non sta bene che una donna le accenda da sola, lei da sola non le ha mai accese (a meno che non fosse sola). E se tu non cogli il momento, lei aspetta, o te lo chiede direttamente. Lei l’accendino non lo usa.

E poi come sempre mi regala un libro che è una vergogna io non abbia letto “Trans europa Express” di Rumiz questa volta, e so già che mi piacerà, e che tra pochi giorni mi chiederà se mi è piaciuto.
E alla prima telefonata non lo avrò neanche iniziato, non risponderò e la notte farò tardi per leggerne più pagine possibile, un pò per paura dell’interrogazione, un pò perché dopo le prime pagine faticose non riuscirò più a smettere.
E allora la richiamerò per dirle che no non l’ho ancora finito, e lei mi ripeterà dei dettagli che ho letto, e che già non ricordo, e che di sicuro non avevo colto.
Così ricomincerò da capo, leggendo con più attenzione. Ma non li ricorderò comunque alla fine del libro.

Il tempo è tiranno, sono già in ritardo, ma è lei che me lo dice.
E’ Cocca che mi congeda dicendomi:”dovrai andare credo”.
E so che è stufa, che vuole che vada. E finiamo come sempre un pò malinconicamente con lei che mi dice che non ha più conversazioni interessanti (e io non lo sono ovviamente) fatta eccezione per il suo amico di Cetona, che è… così intelligente.
Ma insomma, che è un pò stufa. Della vita credo. Ma non lo dice. Allora le racconto del nano e lei si distrae un pò.
E poi mi regala un pezzo di storia di casa per essere sicura che gli oggetti almeno mi ricordino giusto, e non TUTTO come mi pare.

Continua a leggere “In visita a Cocca: Elezioni, Montanelli, Brueghel, Rumiz”

Vorrei ma non posso.

Che uno pensa, ho un blog, ci scrivo quello voglio, tutto quello che voglio.
E invece, mi rendo conto che ho un sacco, ma proprio un sacco di post nelle bozze, che ho scritto di getto, e che alla fine non ho pubblicato.
Così, quando l’altra settimana la mia amica Giorgia mi ha scritto “ma ci sono un sacco di parolacce nel tuo blog” io le ho risposto: “è mio, posso scriverne quante mi pare”.
Sì le parolacce sì, ma su alcuni argomenti, o alcune cose, che varrebbe davvero la pena di trattare, mi tocca darmi un freno. Purtroppo.
E dico purtroppo perché ci sono giorni in  cui mi capitano conversazioni assurde che varrebbe la pena di trascrivere.
Ma poi, ma poi, quel poco di buon senso che mi resta nel voler mantenere dei rapporti civili con le persone che mi circondano mi obbligano a soprassedere.
I soggetti in questione ci resterebbero troppo male nel sapere qual’è la mia reale opinone.

Così vorrei tanto raccontarvi di Cocca…ve ne avevo parlato tempo fà qui.
E vorrei raccontarvi quanto le sue perle di saggezza mi stiano incredibilmente “spaccando” le giornate…in tipo: silenzio, fermo immagine, stagioni che passano, balle di fieno e solo un pensiero       “non ci credo che l’ha detto”.
Ma dovrei allora dirvi un altro paio di cose per farvi anche solo un pò immergere nel mondo di Cocca.

Figlia di un altro tempo, nel suo caso, proprio di un altro mondo.
Un mondo fatto di grandi industrie, un altro paese, e un altro stile di vita.
Una donna che ha vissuto almeno 3 epoche diverse.
Cocca ha perso la sua numerosa famiglia, la sua vita da sogno, e ha poi sposato un italiano, squattrinato, antipatico ma senza ombra di dubbio geniale, di quelli che poi, ci fanno una mostra, ci scrivono un libro.
Cocca ha visto passare davanti a lei i favolosi anni ’60, ma non ha potuto partecipare, seduta intorno a un tavolo da caffé con siffatti intellettuali che tutto capivano tranne che il mondo che li circondava.
Cocca è stata una delle prime a rivedere ANGKOR WAT dopo la riapertura al pubblico, e ha visto il mondo tante volte in anni diversi.
Cocca tiene ancora oggi, un circolo letterario a casa sua. Che poi lo chiami semplicemente un caffé con gli amici non importa. Lei ha, nel suo salotto, schiere e schiere di geni che la intrattengono, che le vanno a far visita.
Ora, voi, siete mai andati a FAR VISITA a qualcuno che non fosse nonna o zia?
Ecco, nel salotto di Cocca, invece la gente (che non sono parenti, e non sono amici) va a farle vista. Tipo, c’è a Roma il regista che ha girato il tal film straniero? Che non conosce Cocca, e quindi le va a far visita, tramite amici di amici che lo portano da lei.
Ecco allora con quadro così, quanto vorrei dirvi, le frasi inappropriate che Cocca dice a me, che resto lì, di stucco, incredule e penso? Ma sto parlando con uno scaricatore di porto?
Ma non posso, Cocca ci resterebbe male.

Come ad esempio, se scrivessi cosa ho pensato quando ho letto che: L’isola di Budelli è in vendita.
Se scrivessi che negli ultimi 10 giorni questa è l’unica vera notizia che mi ha colpito?
E se per esempio vi dicessi che l’Huffington, ci ha anche messo un sondaggio sotto alla notizia.
L’avete visto?

Le due domande fondamentali erano se la cifra la dovesse sborsare un privato, o se dovesse comprarla lo stato per salvaguardare un patrimonio di tutti.
3 milioni costa l’isola.
E se scrivessi come la penso…tipo che:
1 – a tutti quelli che hanno votato per l’acquisto da parte dello stato vorrei dire…ma non è che sti 3 milioni si potrebbero spendere per qualcos’altro? Tipo che ne so, un marciapiede dritto? o più semplice ancora, un paio di spazzini in più? (eh lo so, sono in fase isterica per la sporcizia in città scusate)
2 – ma voi quando ci siete andati a budelli? Su, dite la verità…era Agosto, e la sabbia rosa, manco l’avete vista, eravate talmente in tanti, talmente spiaccicati, talmente appiccicati l’uno all’altro che non avete proprio visto un granello, e magari, c’avete anche lasciato un paio di mozziconi di sigaretta..o no?
E allora non è meglio che se la goda 1 solo o 2 o tre un posto bello così?

Ecco se vi rivelassi che la penso così, ci restereste male. Non è molto corretto no?
E allora vorrei ma non posso dirvelo.

Come vorrei dirvi quanto il “ristorante del momento” romano, il Porto Fluviale, s’è preso un bel 5 scarso ieri sera nella recensione in tempo reale del quartetto femminile (me compresa) che caratterizza le mie cene con amiche.
Un bel ristorante…che rientra nella categoria “Vorrei ma non posso”.
Vorrei dirvi che: dentro sembra di stare al Pastificio San Lorenzo, ma più grande e diviso come Gusto.
Vorrei dirvi che il cibo (zona trattoria) niente di che, che hanno tirato su una cosa enorme che non riescono a gestire.
Vedrete camerieri confusi, su quale tavolo avesse pagato o meno.
A noi poi, sono arrivate solo 3/4 delle cose che avevamo ordinato.
Nel menu hanno messo i quarti di porzione, ma solo se fai a metà di una mezza porzione con qualcuno al tavolo, e allora mi spieghi che senso ha?
… a favore del posto…il conto che ci hanno portato era giusto…ovvero non c’erano le cose che avevamo ordinato e che non sono mai arrivate…
Ma se ve lo dico poi, magari, quelli del Porto Fluviale, ci restano male, allora anche questa recensione è meglio che non la pubblico. Resta in bozze.

E quindi, per concludere, vorrei dirvi un sacco di cose, ma l’unica cosa certa degli ultimi 10 giorni è che, come si suol dire al circolo della crusca: Ci sono rimasta sotto…. A Freaks…vi prego se non sapete cosè…cliccate qui e non ditelo a nessuno…che non lo sapevate.
Quindi comprenderete che: sono confusa, e se avete letto fino a qui, grazie.
Di cuore.

The impossible – Non se pò fa

Allora ve lo dico una volta sola e poi non ve lo dico più.
Non se pò fa. Un film così, non se pò fa.
Dunque il punto è questo, l’unica cosa fica del mio attuale lavoro…è che vado al cinema aggratisse.
Sì avete capito bene, c’ho sta fortuna…ma non per tutti i film…solo per quelli che mi fanno cagare.
Cioè di base io vado a vedere il film qualche giorno prima che esca, senza però poter decidere quale film.
E mica se pò avè tutto no?
Ecco allora martedì, ero anche contenta, per una volta, niente vampiri del cacchio, niente film muto impegnato che non capisco, ma un grande successo spagnolo.
L’altra cosa bella è che al cinema ci posso andare aggratisse io LUI e volendo anche un paio di amici.
Se chiameno anteprime. 
Cioè fanno vedè prima il film per creare il passaparola…tipo:
è bello, è brutto, na mezza schifezza, etc etc…
Ecco, mi ricompongo e vi dico che,  insomma sono andata a vedere, The Impossible.
Il film culto dell’anno in Spagna, campione di incassi. Sullo Tsunami del 2004.
Mentre aspettavo l’inizio del film, scherzavo con i mie compagni di avventura sulla necessità di avere a portata di mano fazzoletti per piangere.
Perché un film sullo Tsunami, di cui ho visto il trailer, letto, approfondito, realizzato un servizio, citato i contenuti speciali, ecco lo SO che non è na cosa proprio leggera leggera…
Poi è iniziato il film:
primi 10 minuti – ansia a bestia…lo sai che deve arrivare l’onda.
Poi l’onda arriva e tu inizi a chiudere gli occhi, gambe che saltano, gente che muore ovunque, melma, merda, lame alberi detriti, tutti insieme rotolano con la protagonista che viene squarciata a destra e sinistra. E bambini che annegano, e bambini che sopravvivono, il panico, poi il silenzio…hai visto sangue ovunque per 20 minuti
e poi e poi arriva l’onda di ritorno e la mamma e il figlio…di nuovo melma delirio panico, merda…
ok il film va avanti e tu vedi sangue e morti e sangue e morti, e ferite enormi, e morti.
E poi il papà che fa? Va a passeggio?
E sempre morte e sangue e bambini.
E tu sei lì che non smetti di piangere disperatamente e singhiozzare e coprirti gli occhi per non vedere di nuovo tutto quel sangue, che non è che è splatter no, è reale, e orrendo.
E poi il bambino tra i mille bambini orfani?
E niente a un certo punto manco sentivo più il film, non vedevo più un cazzo per via del fiume che usciva dai miei occhi e avevo male ovunque, aggrappata al golf di lui e stritolandogli la mano che manco quando avevo le doglie.
E niente, poi il film è finito, hanno fatto vedere le foto VERE della famiglia vera, perché in tutto questo il tutto è una storia vera…
E ho continuato a piangere a dirotto, fuori dal cinema.
Ora io pensavo di non essere proprio…”na femminuccia” in fondo:
  1. Vado a caccia. La caccia quella con i fucili e maschi che sparano a bambi. Presente? No non sparo io direttamente, ma se capita partecipo (non di frode autorizzata) e bambi me lo magno pure che è buono.
  2. Nella puntata di martedì Ubi& Jack parlavano della lista delle 50 cose che un bambino dovrebbe fare entro i 12 anni. La lista che potete leggere qui per la mia personalissima opinione è un pò na palla, e come dicevo io ci avrei aggiunto tutte le cose che facevo io: vivisezionare rane/lucertole, corsa dei bacarozzi a cui hai staccato le gambe posteriori (sì facevo anche questo), infilzare le meduse e farle in mille pezzi. Fare a gara di spunti.
Ecco, insomma, non è che proprio proprio mi impressionano le cose, vero è che c’ho la lacrima facile, sì ma questa è tutta n’altra cosa.
Insomma so uscita da lì e…m’è presa male, malissimo!
Tipo: “amore ma secondo te lo tsunami nel mediteraneo può arrivare?” Lui occhi al cielo risponde NO.
E tutta una serie di altre domande niente male che vi risparmio.
Per non farci mancare niente i miei amici Chiara e Nicola che erano con me…oltre alla presa a male…se so beccati anche i ladri in casa…mentre erano al cinema…quindi pò esse che il film porti pure sfiga…
Ma, per sollevare i vostri umori e per sollevare il mio, sono giorni che mi riguardo i video idioti, inutili, non sense di Claudio Di Biagio.
E questo resterà sempre uno dei miei preferiti.

Cena Gourmet – (Ma de chè)

La giornata devo dire che non è che fosse stata un granché, nanomalefico mocciolo verde mi aveva lautamente contagiata.
E avevo passato l’intera giornata a soffiarmi il naso e asciugarmi gli occhi con carta igenica da ufficio ovvero carta vetrata bianca in rotoli.
Respirare era davvero un’impresa, ma alla fine l’amore ha vinto e io, amante di porzioni enormi e piatti che più basici non si può…ho sorriso a LUI che aveva detto più volte che potevamo annullare…se volevo; mi sono schiaffata in faccia un quintale di fondotinta, infilata tacchi e jeans e sono uscita.
Destinazione Eataly, da LUI ribattezzata “Supermercato IKEA con i prezzi di BULGARI”.
Insomma la grande creazione di Oscar Farinetti non era piaciuta.
Ma, come rifiutare un invito fatto all’ultimo per una cena Gourmet realizzata nientepopòdimenoche da Massimo Bottura.
E voi mo mi direte giustamente…chi??????
Ecco io anche ho risposto così. Solo che siccome io rispondo SEMPRE così alle di Lui proposte… senza aspettare la di Lui risposta sono andata dal mio migliore amico wiki e mi sono informata.
Dunque vi informo senza alcun dubbio che tra i vari mondi paralleli di scheggiati in cui sono per puro caso entrata, uno è senza ombra di dubbio quella degli amanti fissati ossesisonati dell’alta cucina.
Non c’è niente da fare, a me tutto quello che supera la soglia della normalità e diventa predominante nella vita o nella personalità del genere umano, mi fa ridere.
Le fisse, i fissati, (sono sicura che io stessa rientro in una categoria di fissati senza accorgermene), sono un grande spunto per la riflessione del genere umano.
Passioni, le chiamano molti.
Deviazioni altri.
Per me, puro intrattenimento.
Così, all’ultimo piano dell’air terminal Ostiense…la stazione per capirci…mentre Bonilli (che pare sia un tizio che assaggia a scrocco e dice se gli piace o no… uno del Gambero Rosso…la guida che poi s’è scoperto che un sacco di quelli che danno le stelle si fanno pagare…)
Dicevo, Mentre Bonilli fa un veloce ripasso della storia dell’alta cucina, citando una serie infinita di nomi, di cuochi chef e Bottura fa quello alla mano e simpatico, della serie io non me la tiro per niente come tutti gli altri cuochi… vorrei un cestino di pop corn e na cocacola per godermi al meglio lo spettacolo.
Il “gruppo di ascolto” è variopinto e variegato, di base però, son tutti fanatici e ascoltano come in preda ad estasi la storia del lavoratore di fabbrica che diventa il cuoco N1 al mondo…così dice lui, e dice Bonilli.
Che poi Bonilli l’avete mai visto? Io pensavo fosse il fratello sfigato di Giovanni Rana, giuro! Sono identici.
Va beh insomma, la platea ascolta, siamo ancora al ’89 e io c’ho ‘na fame che me se magna…mi guardo intorno e nessuno sembra muovere un muscolo.
Faccio il conto alla rovescia, ’99, 2001, 2008, 2012 …e vai è finita si magia!
Ci sediamo, leggo il menù, tutti sembrano entusiasti, io non riconosco neanche una parola di Italiano fatta eccezione per il vino di accompagnamento.
5 portate.
Per ognuna la spiegazione di 5 minuti, praticamente un supplizio ogni volta che c’era il piatto davanti al naso. Lo chef simpatico e alla mano lascia il posto al suo alter ego, anzi al suo smisurato EGO e parte con delle filippiche folli, preparazione ingredienti, trattativa con i fornitori, temperature interna ed esterna, distillatura di acqua di pepe.
La gente acclama, un genio, lui tronfio, sempre più tronfio, gesticola, alza il tono di voce, riprende un commensale che s’è permesso di parlare mentre lui spiegava, che manco la prof di italiano alle superiori…
Il gallo cedrone che è in lui emerge e prepotentemente…e mi fa andare la cena di traverso.
Il divertimento sfuma, l’eccesso si trasforma in Follia pura, e ripenso a una cena di qualche anno fà, in Spagna, Ferran Adrià da cui Bottura è andato a imparare…che ha imparato non lo so.
Accompagnavo Lui, scettica, e sono uscita felice. Una cena che non si dimentica, nessuno che faceva il tronfio nessuna spiegazione pallosa, ma solo chiarimenti su richiesta. Uno spettacolo.

Il supplizio finisce, arriva il dolce, assaggio, non mi piace, finalmente ci alziamo prima di tutti e usciamo al freddo.
Il Gallo Cedrone non c’era quando ce ne siamo andati all’inglese, pensa quanto si sarà offeso quando ha visto il tavolo vuoto…se sapesse che abbiamo preso anche il biglietto da visita di una trattoria in toscana la cui proprietaria era seduta con noi…Pici al ragù…altro che “sapore d’autunno lungo il pò”.

Nota di Servizio

A me Eataly m’è piaciuto, un pò confuso, ma bello. Se riuscissero a unifrormare tutte le grafiche interne…sarebbe perfetto.

Vado Vedo e Vi Dico: Robert Doisneau e Argo

In una sola parola.
Andate.
Anche se c’è una gran fila, anche se i “fotografi” vi hanno detto che la mostra è istallata male e confusa.
Anche se non c’avete nessuno che vi tiene i marmocchi malefici.
Andate.
Io, sfatta, di domenica pomeriggio con 3 dico 3 minorenni al seguito…ce l’ho fatta.
Ma solo perché c’era anche lui.
Doisneau, la cui foto del bacio troneggia su via Nazionale, è molto di più di quel che si pensa.
Una mostra su Parigi, dovrebbe essere il titolo.
Ci sono cose che non si possono raccontare, come vedere un bambino sdraiato con un cane davanti al Louvre…e accorgersi solo dopo che non c’era ancora la piramide.
Il buco di Le Halle…e tutto quello che si è portato via, che non conoscevo.
La Parigi delle donne nude, bellissime, e le trovate geniali di un fotografo di strada.
Ho preso anche il catalogo, e nano davanti a una gigantografia di macchine e traffico, ha indicato un punto e ha detto: “oooooo”.
“Bello.Sì”.
Andate.
Comprate i biglietti on line qui

E poi Argo, se ancora non siete andati.
Imperdibile.

Latestafralenuvole – voleva essere un’intervista.

Interno, giorno, luci soffuse. Fuori diluvia.
Due donne si siedono ad un tavolino con 2 caffè davanti.
Di spalle io, trafelata, avvolta nella solita giacca militare, capello arruffato, borsa enorme. Sono vestita in maniera improbabile, ho i piedi bagnati e come prima cosa vorrei accendermi una sigaretta, ma non posso, quindi la giro e la rigiro tra le dita.

L’altra con un viso dolce e l’aria mediterranea, è asciutta, look decisamente alla moda e stringe una bambola di stoffa tra le mani.

E tu quindi saresti? (AHHHH fantastica come partenza dell’intervista)
Giorgia Di Bartolo, ho 33 anni una figlia di due e mezzo Morgana, al momento in cassa integrazione; ma da oltre dieci anni disegno abbigliamento per una grande azienda di sportswear .

Ah fico, quindi lavori nella moda (ecco va cerca di essere un pò più gentile ce la puoi fare)
Sì il mitico mondo della moda quello de “Il diavolo veste Prada” dove una sfumatura sbagliata o una rouches fuori posto può causare una catastrofe ambientale di dimensioni apocalittiche. Un mondo decisamente avulso dalla realtà ma forse bello proprio per questo, una vita in continuo movimento in giro per le maggiori capitali della moda, fashion show, casting, campagne pubblicitarie, fiere, sfilate.
Poi come per magia tutto cambia io resto incinta, lavoro instancabilmente fino all’ottavo mese come ogni integerrima dipendente con un pancione sempre più ingombrante e imbarazzante per i miei colleghi e poi …
l a  m a t e r n i t à .

mmmm (=che palle l’ennesima storia di mamma) e adesso che sei mamma fai le bambole…(gentile… ce la puoi fare)
Beh è un po’ riduttivo dirla così, dovrei dilungarmi sul trattamento/mobbing ricevuto al mio rientro sul posto di lavoro e sull’invito  “premuroso” della mia azienda a farmi da parte per non trascurare …la famiglia. (o porca troia un’altra ma quante siamo???)
Ma ti risparmio questo capitolo penoso; diciamo che per anni ho creato per gli altri e ora ho voglia di farlo per me, o meglio decido IO cosa, come, per chi e quando.
Con la maternità ho scoperto un mondo che mi ha conquistata e che forse ho sempre covato dentro di me: quello dei bambini, del bianco candido, delle fibre naturali, del piacere delle cose fatte a mano. Ho scoperto il piacere di arredare e decorare la camera dei propri bambini a loro misura con oggetti funzionali, unici, fatti con l’amore, la creatività e la perizia di una mamma.

E che avrebbero di tanto speciale ‘ste bambole? (= machissenefrega io ho un maschio, su su sorridi.) 
Si in effetti al momento ho un po’ trascurato l’universo maschile ma aspetta di vedere le mie prossime creazioni e poi mi dirai … (oddio ma che mi legge nel pensiero questa?)
Cosa hanno di speciale mi chiedi ? Beh sono il frutto della mia fantasia belle o brutte che siano non ne troverai  di uguali sul mercato sempre più massificato e standardizzato.

Disegno bambole, pupazzi, softies e doudou, li cucio, li imbottisco e creo per ognuno di loro l’abbigliamento e i tratti che meglio caratterizzano la loro personalità.
 Un lavoro a tutto tondo che mi dà grande soddisfazione e piacere.
 Ogni bambola, ogni mia creatura come piace dire a me, diventa un pezzo unico, scelgo stoffe naturali come il lino e il cotone, lo stile è sicuramente un pò retrò, ricorda le bambole di una volta.
 Amo molto le atmosfere che sanno di antico e quando posso utilizzo stoffe, pizzi sangallo, bottoni, nastri, crinoline e ricami vintage; amo acquistare pezzi unici presso i mercati di antiquariato e abbigliamento vintage in Italia ma soprattutto all’estero ed in questo la mia esperienza lavorativa mi ha dato grandi conoscenze, come dico sempre io “nulla accade per caso” …

Scusa se te lo dico ma tu le hai viste mail le American Girl quanto so fiche? (dai su… gentile!!!!!)
Le american girl le conosco, belle certamente; ma io preferisco qualcosa di diverso, fuori dai soliti canali della distribuzione di massa. l’industria per l’infanzia sforna valanghe di prodotti in plastica, io preferisco andare per quanto mi è possibile contro tendenza…

Ma siamo proprio sicuri che Morgana non te le tirerà in faccia a breve dandoti della vecchia? (ok non gentile ma almeno civile!)
Chi può dirlo, forse si! Ma almeno le ho dato la possibilità di scegliere, le ho dato delle alternative, poi certo starà a lei , alla sua personalità e ai suoi gusti decidere di cosa circondarsi e non mi riferisco solo ai giocattoli.

No no tu hai ragione, la tradizione e l’home made stanno spopolando ormai, secondo te da che dipende? (oddio ho fatto una domanda seria sembro quasi professionale)
Credo che nei momenti di crisi si avverta un bisogno di cose buone, concrete che ci facciano sentire sicuri e protetti, l’home made rappresenta un po’ tutto questo, il “fatto in casa” è rassicurante per chi lo fa e per chi lo riceve, è fatto con amore e di quello se ne ha sempre bisogno. Lavorando gli oggetti con le mani si creano inevitabili imperfezioni che ci fanno sentire tutti un po’ piu “perfetti “ …non dobbiamo per forza essere alti, magri, con gli zigomi sporgenti,i capelli lunghissimi e lucenti e con un sorriso candido e abbagliante…che bellezza eh??…

Sarà mica invece la spending review che fa tornar di moda il vintage, l’home made insomma le cose vecchie de pora nonna? (pora nonna…ho detto pora nonna porca vacca)
Potrebbe e comunque cosa ci sarebbe di male ? Le cose di una volta, se conservate bene, sono sicuramente fatte meglio di quelle di oggi e già questo è un vantaggio… se poi ci metti che la vecchia coperta di nonna  fatta ai ferri  con i suoi colori psichedelici anni ’70 è super attuale e si abbina in modo impeccabile con la tua camera da letto il gioco è fatto

Va beh quindi se qualcuno volesse commissionarti qualcosa?
Può contattarmi via mail flocondesign@gmail.com e su facebook http://www.facebook.com/latestatralenuvole
E visitare il mio sito cliccando qui.

Mi alzo, guardo fuori, sta ancora diluviando.

Sei in macchina?
No motorino. Grugniso.
Vuoi un passaggio?
No tanto è da stamattina che mi bagno.
Sei sempre così …docile?
No per carità è la maternità che mi ha addolcito 😉
——–
Giorgia?!!
Sì dimmi.
Non è che me ne faresti una con gli occhi azzurri e i capelli rossi?
….Certo…