Di libri, di politica e di sòle

Francesco Piccolo – Il desiderio di essere come TUTTI.
Irresistibile, istruttivo, ironico. Tra privato e pubblico, tra casa e politica, da Berlinguer a Berlusconi.
Le vicende dello Stato che entrano nel privato così prepotentemente da non poter smettere di leggere.
Bellissimo, e per la generazione anni ’80… decisamente da LEGGERE.

Delogu/Cedrola – La collina
Non lo so se mi è piaciuto, di certo San Patrignano e Muccioli ne escono nè vinti nè vincitori.
Ambiguo, a volte molto crudo, forse un pò troppo, l’eroina è la parte più leggera in effetti.
La scrittura scorre e la storia, alla fine, è anche avvincente.

Berthoud/Elderkin – Curarsi con i libri – Rimedi letterari per ogni malanno
Geniale, divertente da leggere saltando di palo in frasca.
Dalla A alla Z i malanni che ci affliggono e i libri da leggere per poterci curare e il perché.
“Si può curare il cuore spezzato con Emily Bronte e il mal d’amore con Fenoglio, l’arroganza con Jane Austen e il mal di Testa con Hemingway…”
Da tenere sul comodino tutto l’anno.

Il libro purtroppo non contiene nessun rimedio al mal di politica…
Così attonita ascolto l’ennesimo discorso al senato, di un ennesimo presidente del consiglio non eletto, e nonostante cerchi di trovare del buono, con tutto il cuore, l’unica cosa che vedo è un altro flop assicurato.
Un’altra sòla.
Che vi devo dire…sperem.

Il parto, Cocca, e Furio Colombo. Visione alternativa di una nascita.

In Italia, tutto è sempre eccessivo, troppo, rumoroso, intenso, chiassoso colorato.
E’ il bello di questo strambo paese, è il brutto di questo assurdo stivale.
Così, arginare il codazzo di gente che vuole a tutti i costi venire a vederti con i capelli sporchi, il pannolone e il catetere subito dopo il parto, è vista come una gravissima offesa e forma di maleducazione/esagerazione.
Ho mentito, spudoratamente mentito (sto ghignando), sulla data del mio parto.
Nessuno, tranne nano che mi ha visto uscire di casa, sapeva la data esatta.
Così, sono morta di paura da sola (eccetto LUI), e nessuno si è riverso su di me il giorno stesso mentre agonizzavo nel letto.
Ho avuto il tempo di godermi il nuovo arrivato, da sola con LUI, nella calma di una stanza, senza telefoni che suonavano, senza messaggi. Senza gli occhi del mondo addosso.
Ho scelto un nome improbabile per nano2 e l’ho registrato prima che chiunque facesse un qualunque commento (sto ghignando anche ora). E passando come sempre per acida e antipatica, me la sono goduta a modo mio.
E’ seguito un lungo giro di visite nei giorni successivi.
Ma io ero seduta, e non a letto, e vagamente lavata, e vagamente dignitosa. (fatta eccezione per le caviglie della signora Cesira che sbucavano aihmè dalla coperta…)

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Novembre – Memorie di Un Libraio – Branduani

Potrei raccontarvi di polmoniti e corse in ospedale.
Potrei ironicamente scherzare sull’isteria tipica degli ultimi giorni di gravidanza.
O di 4 anni di lavoro che si chiudono un venerdì di novembre.
Potremmo parlare della vita che fa impazzire la gente che si picchia in autobus, di un nuovo paio di stivali bellissimi.
Delle liti con l’amministratore di condominio o di un giovedì qualunque che invece ti segna la vita.
Potrei dirvi che dalla finestra, a novembre, vedo le rondini, e qualcosa non mi torna.
Che sono sommersa da cose inutili da fare.

Invece a novembre vi parlerò di quel che sto imparando dei letterati di inizio secolo.
Di librerie milanesi, di Cesarino Branduani e del suo “Memorie di un Libraio”.
Che non è il blog che trovate in rete, ma un libro, di carta, prezzo al pubblico LIRE 1.500.
Il libro è del 1964 e tratta un mondo a me sconosciuto.
La Milano letteraria di inizio novecento.
La prefazione è di Montanelli, che incredibilmente, la scrive senza aver letto il libro.
La scrive raccontando quel tanto che basta per innamorarsi di Branduani perdutamente.

Quindi, alla scoperta di un pezzo di storia mai studiato, mai letto, mai esplorato, a novembre vi racconto cosa c’era, quando questo paese era bello, o forse quando come in Francia (oggi) l’industria della cultura rappresentava il 4% del PIL (battendo quello dell’auto). E’ notizia di oggi.
Leggere per credere.

Novembre – Stay Tuned.

La lista delle cose che ho visto/vedrò…forse

Come si suol dire nel linguaggio a me più vicino…
Sto n’attimo mpicciata sti ggiorni…
Vi caccio quindi una lista asettica di cosa ho visto, cosa vorrei vedere, cosa non vedrò per mancanza di tempo.
Così magari lo fate voi:

Oggi e domani al MaXXi c’è Techcrunch – incontro di startup e aziende digitali – Non riuscirò mai ad andare. Per info cliccate qui

Se non ci andate sappiate che c’era Michela Nosé. Che sta sbancando con questo sito qui: Locloc.
Affitti qualsiasi cosa, anche le borse.

Leonardo da Vinci a Venezia fino al 1 dicembre per info cliccate qui – Altra cosa che non riuscirò a fare.

Poi, sempre per la serie alla faccia della crisi, se siete tra i pochi che non si sono ancora iscritti: Dalani.
Trovate prezzi niente male 😉 Ho praticamente ical intasato dai messaggi di promemoria…provare per credere.

Il libro che vorrei leggere: Come ti vorrei di Anna Mittone – non fatevi ingannare dal titolo fuorviante

Quello che comprerò sicuramente – Storie di Irene di Erri De Luca

Questi 3 erano i libri da leggere a settembre:
Le cose che non ho… Non mi è piaciuto – fintamente profondo…anche no.
E gli ippopotami si sono lessati delle loro vasche – FICHISSIMO, aspetto il film in uscita il 17 ottobre
Wonder – sono ferma a pagina 10…non ce la faccio.

Infine roba da mamme: se viaggiate con prole questo qui non è male per niente momsontherun

Buon weekend!

In visita a Cocca: Elezioni, Montanelli, Brueghel, Rumiz

Quando so che devo andarla a trovare senza neanche accorgermene la mia usuale pratica di abbigliamento mattutino (cadi nel armadio in mutande ed escine coperta) viene sostituita da una stressante seduta di scelta del vestiario che possa risultare quanto meno decorosa.
Così questa mattina, oltre a aver messo uno strato in più di crema idratante e un pò di fard ho anche un abbigliamento “ragionato”.
Non potevo non andare, vista la giornata politica di ieri.
Faccio sempre la stessa strada quando vado da Cocca perché parto dall’ufficio quasi sempre, e andando a casa sua passo per uno dei punti più “popolati” di Roma.
Un inferno di donnette intente a comprare qualsiasi cosa abbia una marca ben sparata sul capo, strass, o brillantini.
Mi innervosisco ogni volta, e poi suono al citofono, e mi chiudo alle spalle un portone che più pesante di così si muore.
E finalmente…silenzio.

C’è il rumore della fontana nel cortile interno, che è sempre ghiacciato, umido, buio.
La differenza di temperatura tra fuori e dentro mi ha sempre impressionato, anche da bambina.
D’estate, sembra di entrate in un ghiacciatissimo negozio newyorkese, di quelli che ti devi mettere il golf appena sorpassi le porte scorrevoli per evitare che ti venga il <>.
Ma ormai sono preparata e in automatico faccio il gesto di aggiustarmi sciarpa e guanti, prima di entrare. Che se ci penso, vista dal di fuori sembro una pazza. Davanti a quell’enorme portone, aspettando che scatti la serratura, che mi aggiusto come se stessi uscendo, invece, invece entro.
Il cortile è stretto e lungo e prima di arrivare all’ascensore la mente si è svuotata delle immagini delle donnette e del rumore.

Cocca mi apre la porta, e come credo tutte le persone di un altro tempo lo fa letteralmente.
Aprendo la serratura. Non ho ma visto quella serratura aperta.
Entro, e l’odore della mia infanzia mi travolge, quella luce soffusa che non ho mai più trovato in nessuna altra casa, quel color rosso/arancio che entra dalle finestre.
A casa mia c’è una luce molto più bianca, più forte, la mattina, mi invade. Invece da Cocca anche la luce è più educata, chiede il permesso di illuminare, ne troppo, ne troppo poco.
Ci sediamo. Ha cucinato per me le cose che mi piacciono.
Ha anche comprato i lamponi, che amo, e che mangio solo lì. Solo lei me li compra, io da sola non lo faccio mai. Al posto dell’acqua la centrifuga di mela e carota (che mi fa schifo) ma che devo bere per non invecchiare troppo in fretta.
Mi concentro e sento le mie cellule e i miei neuroni attivarsi finalmente, sto parlando e sto pensando, sto interagendo, con una donna che nonostante l’età, va molto più veloce di me, e mi costringere a seguirla,a rincorrerla.
Non è arrabbiata per il risultato delle elezioni,mi dice, non è indignata, non è furente (quella sono io).
E’ dispiaciuta. Mi spiega che è stato un profondo dispiacere, lo fa toccandosi il cuore e la pancia, e in un attimo per la prima volta nella vita, comprendo fino in fondo il significato della parola “dispiaciuta”.
Cocca è sinceramente dispiaciuta per gli italiani, per il paese.
Perché, mi dice, in fondo io amo il popolo italiano, moltissimo.
Ricordiamo allora le parole di Ojetti e Montanelli in una lettera scritta da Montanelli.
E Cocca mi racconta, di lui di Montanelli, come io potrei parlare del tabaccaio sotto casa.
“Non era uno stupido, in fondo” mi dice.
Lo dice come si direbbe “non è brutto” di un comodino.
Ed è un giudizio sincero, pulito. Ma così brutale che non so cosa rispondere.
Ho una pessima memoria per i nomi, per le cose che mi raccontano, ho una pessima memoria in generale, mi dimentico anche gli avvenimenti della mia vita.
Il passato per me è passato, non lo ricordo.
Ci sono persone che ricordano ogni minimo dettaglio (LUI) io rimuovo, seleziono.
Perdo la cognizione del tempo e dei luoghi.
I miei ricordi sono per lo più rimaneggiati, sia i belli che i brutti.
Non sono reali, sono esattamente come vorrei ricordarli.
E quando Cocca parla, mi sforzo di ricordare quello che dice e soprattutto come lo dice.
La memoria orale, tramandare oralmente, è una cosa molto difficile.
Glielo dico e lei mi risponde:
“Che ti importa di ricordare giusto, tu ricorda come ti pare, come l’Iliade no?”

Ho mangiato i lamponi, e mentre li sto per finire, mi rendo conto che devo ancora bere la schifosa centrifuga, la mando giù che manco l’antibiotico, e finisco i lamponi.

Cocca parla, di Monti, di Grillo che non ha votato ma che non può essere considerato un voto di protesta come dice il telegiornale. E io mi agito sulla sedia, infervorata dalla conversazione.
Mi corregge le percentuali di vincita delle regioni. Le sa a memoria, tutte e 21.
Poi d’improvvisso mi regala una camicia per il nano una calamita da frigo della mostra di Brueghel che non ho ancora visto e una pagina strappata da Hòla con un bel vestito di Armani. Così…perché ” sono i piccoli regali che rafforzano le amicizie”
Mi dice di farmelo rifare uguale da una sarta il vestito di Armani. Che mi starebbe benissimo.

Il tempo fuori è fermo, ne ho la certezza, e la luce continua a chiedere il permesso di illuminare il salotto, pieno di foto a colori e in bianco a nero, e di quadri antichi e di foto di arte contemporanea.
Mi racconta dell’ordine che ha fatto da Ikea, on line, e che domani le consegneranno tutto.
Le accendo le sigarette, perché non sta bene che una donna le accenda da sola, lei da sola non le ha mai accese (a meno che non fosse sola). E se tu non cogli il momento, lei aspetta, o te lo chiede direttamente. Lei l’accendino non lo usa.

E poi come sempre mi regala un libro che è una vergogna io non abbia letto “Trans europa Express” di Rumiz questa volta, e so già che mi piacerà, e che tra pochi giorni mi chiederà se mi è piaciuto.
E alla prima telefonata non lo avrò neanche iniziato, non risponderò e la notte farò tardi per leggerne più pagine possibile, un pò per paura dell’interrogazione, un pò perché dopo le prime pagine faticose non riuscirò più a smettere.
E allora la richiamerò per dirle che no non l’ho ancora finito, e lei mi ripeterà dei dettagli che ho letto, e che già non ricordo, e che di sicuro non avevo colto.
Così ricomincerò da capo, leggendo con più attenzione. Ma non li ricorderò comunque alla fine del libro.

Il tempo è tiranno, sono già in ritardo, ma è lei che me lo dice.
E’ Cocca che mi congeda dicendomi:”dovrai andare credo”.
E so che è stufa, che vuole che vada. E finiamo come sempre un pò malinconicamente con lei che mi dice che non ha più conversazioni interessanti (e io non lo sono ovviamente) fatta eccezione per il suo amico di Cetona, che è… così intelligente.
Ma insomma, che è un pò stufa. Della vita credo. Ma non lo dice. Allora le racconto del nano e lei si distrae un pò.
E poi mi regala un pezzo di storia di casa per essere sicura che gli oggetti almeno mi ricordino giusto, e non TUTTO come mi pare.

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Stoner

Anno nuovo vita nuova, e un nuovo libro letto.
Consigliato da Ludo e Sam.
Era tanto che non leggevo una cosa così.
Se non l’avete già fatto (io arrivo sempre tardi) Stoner.
La storia di un professore di letteratura inglese, un romanzo di John Edward Williams.
Non saprei da dove partire per darvi un’idea della meraviglia di questo libro.
Potrei dirvi che il libro è stato stampato la prima volta nel ’65 e poi non se l’è filato più nessuno fino a pochi anni fa.
Nelle recensioni leggerete spesso che si tratta della storia di un eroe della normalità.
Non so…non m’è piaciuta come definizione.
La trovi svilente.
Stoner, il professore, che era contadino e che conduce la sua vita nei primi 50 anni del 1900 è una figura senza tempo. La sua non è normalità, ne rassegnazione a una condizione di quai perenne infelicità.
Stoner, umiliato e attaccato nel privato e nel lavoro, Stoner che vive tutta la vita nello stesso posto e non esce dal suo mondo fatto di orari, lezioni, e faccende di casa.
Stoner mi ha ricordato una delle lezioni base che mia madre mi ha impartito nella vita. La dignità.
Umiliato e agli occhi del lettore sconfitto dalla vita, non si può non amarlo alla follia, Stoner.
Che sei lì che vorresti urlargli, cazzo…ribellati!  E ogni volta resti deluso. Perché lui non lo fa.
Subisce, e la vita gli scorre tra le dita, amara, ma di una luce brillante, di quelle che vedi quando ha appena nevicato e c’è troppo riverbero.
Ho avuto il magone per tutto il tempo di lettura, e alla fine è stata quasi come una liberazione.
Williams ha l’incredibile capacità di usare poche parole per esprimere sensazioni molto complesse.
E’ asciutto, netto. Non ti lascia nessun sapore amaro. la vita è così, punto e basta. E non c’è niente che puoi fare per salvare il povero Stoner. Quindi leggi, magari come me mangiandoti tutte le unghie e quando hai finito, a parte fustigarti per la tua ignoranza sempre enorme, respira.

Senza capo, ne coda.

uno, due, tre…week end.

Di nuovo?
Ma veramente io stavo ancora leggendo le cose da fare del lunedì.
Ci sono settimane, che passano così, senza che sia successo niente.
E quindi, se tralasciamo il fatto che Renzi e Bersani sono al ballottaggio, e tutta una serie di macro eventi nella politica internazionale, nell’economia nazionale e globale, anche sta settimana…
Non so esattamente cosa sia successo da lunedì a oggi.
Quello che so per certo è che è venerdì, il che significa che per le prossime 48 ore mi toccherà il meraviglioso compito di nanoh24, e non mi va per niente. Si può dire? No, dalla regia mi dicono che è vietato. Lo dico lo stesso. Piuttosto che sorbettarmi quella specie di mostro invasato farei qualsiasi altra cosa. 
Perché dovete spiegarmelo ancora una volta, e molto lentamente… dove sta scritto che uno deve sempre fare buon viso a cattivo gioco? E potrò anche io avere dei momenti in cui piuttosto che fare la madre mi sparerei un colpo in testa. Non mi va. Solo che…come si fa? Che faccio? A chi lo mollo nano mocciolo verde sti 2 giorni. 
A nessuno. 
E quindi me lo sorbetto, come il Natale che sta arrivando, sperando che passi presto.

Nel frattempo da qualche giorno faccio liste mentali (brutto vizio del genere femminile) di cose alla rinfusa che mi sono rimaste in testa.

Tipo:

Avete presente Zadie Smith? La scrittrice, quella inglese, londinese per l’esattezza. Quella che se la vedi, e leggi di lei, la odi per forza. Bella è bella, anzi no, è chic, e ha un compagno fico e scrive libri belli, intelligenti. Ecco, insomma è uscito il suo nuovo libro dal titolo NW che sta per Nord West (di londra ovviamente) in italiano ancora no; il libro insomma pare sia molto fico. E che cazzo, di nuovo? E lei che prima viveva a Roma, se n’è andata a NY, perché Roma, dice lei, è troppo bella per lavorare. Continua a avere un compagno fico, e non si sposa, tanto che uno dei suoi personaggi pare che dica che “quando la gente non ha nient’altro a cui pensare, niente politica, nessuna idea, si sposa”.
Io il libro lo compro.

Poi: Anche il nano, grazie alla nuova legge sui diritti dei figli di coppie di fatto rientrerà nell’asse ereditario di nonni e zii.

Tre: A casa c’è un clima da guerra fredda causa primarie del PD.

Ora, se unisco la prima frase di Zadie, con la seconda notizia e ci aggiungo i pensieri politici.
Perfetto anche quest’anno…non mi sposo. Mi pare una buona notizia no?
Quindi non sarà io la colpevole di un we estivo rovinato:)

Andando avanti nella lista, o indietro fate voi, ho rifatto dopo tanto tempo un lungo giro su TED.
Ci sono parecchi video nuovi.
Andate e ascoltate:)

Sempre sui libri (sarà che non riesco a leggerne uno da tempo immemore) altro titolo nuovo è :
“Lady Almina e la vera storia di Dowton Abbey” che è il libro sulla serie tv.
Ma si sa che il libro…è sempre molto meglio.

"Momenti di Trascurabile Felicità" – (VVeVD)

Sto leggendo questo libro di Francesco Piccolo, edito Einaudi.
E’ di due anni fa. Ma io arrivo in ritardo sempre, e come dice l’autore, mi piace.
Mia nonna, lo chiamerebbe un libercolo.
In senso positivo.
Prima di tutto perché i libercoli, a mo’ di coperta di linus, con il fatto che sono piccoli, te li porti ovunque.
E poi, quando mi capita di voler correre a casa per leggere qualche pagina, o meglio ancora leggere piano, se il libro è piccolo per non farlo finire troppo presto, per me è già un capolavoro.

Dicevo il libro è un elenco bellissimo, e del tutto personale dell’autore, sui momenti di trascurabile felicità.

E leggendolo, mi accorgo di quanti sono, e di come a volte ci passiamo sopra senza apprezzarli.
E’ vero sono trascurabili, ma…
Al momento, tra quelli descritti dall’autore, questi sono i miei preferiti:

“La soddisfazione di infilare il braccio in fondo al frigorifero del bar o del supermercato e tirare fuori la bottiglia di latte con la scadenza più lontana, che qualcuno ha volontariamente coperto per farmi comprare la bottiglia con la scadenza più vicina!

“Una volta l’anno ricevo una bolletta del gas dove c’è scritto: totale fattura zero virgola zero zero. I pagamenti delle fatture precedenti sono regolari. Grazie.”

“Togliere il cetriolo dal cheeseburger.”

“Tutte le volte che posso legittimamente dire: “io l’avevo detto!” (oppure quando qualcuno dice: è vero, l’aveva detto, me lo ricordo)”

Ma ci sono mirabolanti descrizioni di situazioni sui generis che ognuno di noi ha ben presente.
E insomma da quando leggo il mio libercolo (un paio di pagine al giorno massimo per non farlo finire presto).
Mi sono messa ad appuntare i miei e ho scoperto che mi piacciono cose che come dice l’autore, non dovrebbero piacermi:

Quando fai acqua e sale per via del giradito e sai che non riesci a tenere il dito di più nell’acqua bollente e allora di scatto lo levi e senti come tirarti via la carne dall’acqua.

Quando mi prende il raptus dell’ordine e mi rendo conto che ci metterò un sacco di tempo a mettere tutto a posto e anche quando mi rendo conto che ho quasi finito di farlo.

Quando leggo qualcosa che mi piace e mi viene da sorridere e qualcuno mi chiede ” che ridi?” e io rispondo “niente, niente” perché non lo voglio condividere con nessuno il mio divertimento, e vedo da sotto al libro la faccia delusa di chi ha chiesto.

A volte inizio a discutere con LUI e nell’esatto momento in cui inizio già non mi va più, ma continuo e mentre discuto contemporaneamente elaboro strategie dialettiche per portare la discussione su un altro argomento che mi interessa di più, e lui se ne accorge, e mi viene dietro lo stesso, e lo so che lo fa per me, perché mi diverte questa eterna battaglia dialettica per avere la meglio.

E poi mi piace quando mi lascia vincere.

Mi piace sentire il rumore secco delle unghie che si spezzano sotto i miei denti.

Se sono da sola e mastico una gomma, mi piace poterla sputare come si sputava un tempo il tabacco. E spero sempre che il lancio sia lunghissimo.

Quando scrivo Nome e Cognome sull’agenda dell’anno dopo, con una bella grafia, e so che sarà l’unica cosa scritta davvero in bella grafia.

Correggere mentalmente i congiuntivi di chi sta parlando.

“Momenti di Trascurabile Felicità” dice Piccolo, però dai, mica tanto trascurabili.

PS – la sigla del titolo è per la categoria Vado Vedo e Vi dico da oggi anche per i libri