Ve le ricordate le avventure di Bertoldo Bertoldino e Cacasenno? Se la risposta è no , questo post non è per voi. Avevo rimosso fino a questa mattina; quella saga di – mi pare – tre libri in cui Bertoldo, comune contadino dal senso pratico e mente ferma finisce a corte a far da consigliere al re.
Siamo al terzo giorno di “quarantena”, ed è passata una settimana dalla chiusura delle scuole e 10 giorni da quando abbiamo inziato a prendere coscienza che no non è uno scherzo.
Io, noi, siamo tra quelli fortunati, fuori città e con un giardino a disposizione. Cerchiamo una routine, cerchiamo di organizzare la giornata e oggi terzo giorno non riesco a smettere di contare. Di contare i giorni che sono passati da quando ho avuto gli ultimi contatti “rischiosi”. DI contare le persone malate in Italia, nella mia regione, nella mia provincia, nella provincia dove stanno mia mamma e mia sorella.
Conto. E poi penso. Penso al dopo che non sarà mai più come prima. E penso che ho questa quarantena per trasformarmi in Bertoldo. Per diventare una donna che sa Fare le cose. Non so fare niente. Non so costruire le cose, non so il ciclo della natura (quali sono le verdure di stagione?), non so aggiustare le cose che si rompono. E adesso, nel mondo che verrà è questo di cui avremo bisogno. Persone che fanno le cose.
Di pensatori, di gente dietro al computer, di 30/40 enni che smanettano e non sanno fare niente, per un bel pò, non avrà più bisogno nessuno. Al mondo non serve quasi nessuno della mia generazione. Servono medici che curino e agricoltori che coltivano e ci diano da mangiare. Non serve altro per il momento. Cibo e medici. E trasportatori che guidano e ci portano cose. E gente che fa medicine.
Servono persone che facciano cose, fuori di casa, perché è evidente che da dietro un pc il mondo non si salva.
Ho questi giorni di “quarantena” per diventare Bertoldo, lontano dalla corte, perché il lavoro che facevo per un pò non frutterà niente (sperando riparta).
Così ho inziato da una cosa semplice: ho aggiustato, scartavetrato e ridipindo due vecchie porte da calcetto. Ci ho messo due giorni. Pensavo di metterci un paio d’ore. Ci vuole tempo a Fare le cose. Ho scoperto anche questo, spersa qui su in mezzo alla campagna.
No non leggo, non faccio corsi on line, non mi godo la famiglia. Non riscopro il tempo insieme, non faccio dolci, non rallento. Faccio cose, cerco di imparare a fare cose con le mani che mi pare un modo più utile per impiegare il mio tempo.
E penso alle mie amiche, che sono in città, e chissà loro che cosa pensano? No non faccio video chiamate. Scrivo, per fermare i pensieri.
Domani inzio a piantare l’orto.